Che popolo, l’italiano! Domenica va alle urne credendo di votare il salvatore della Patria, quello che ci porterà in Europa, visto che ci stanno tutti meno noi, economicamente parlando. Anzi, vorremmo uno che ci facesse uscire. Per andare dove?
Il nostro problema è il rispetto: non sappiamo farci rispettare, perché non sappiamo cosa sia il rispetto. Non rispettiamo gli altri né abbiamo il senso della dignità. Tutti mettono in dubbio l’operato altrui. Non appena uno dice: “Io so fare questo”, ecco che tutti iniziano a denigrarlo e a dubitare. Invidia nera che mette in risalto la mediocrità imperante. Peraltro non sappiamo difendere noi stessi, perché non siamo sicuri di essere individui degni e siamo sempre pronti al compromesso per farci accettare.
Si è detto: l’Italia non è uno Stato, ma solo un Paese composto per secoli da tanti staterelli spesso sotto diversi padroni. Fatto sta che da quasi 70 anni l’Italia è uno Stato, ma non si sente ancora adulto. Ecco: ci comportiamo tuttora come dei minorenni a cui il codice penale non si applica. Poi, quando qualcuno viene beccato, dice: “Non lo sapevo che stavo delinquendo….” E sì che Cicerone ci aveva insegnato: “Stultus est qui soleat dicere: putabam…” E’ stolto chi si giustifica dicendo: “Credevo…” Il mio professore di italiano e latino non appena profferivo un credevo, mi zittiva subito. Perché il credere non giustifica. E l’ignoranza della legge non scusa, i motivi poi sono irrilevanti. Così ho imparato studiando diritto. Ma ogni giorno siamo costretti ad apprendere dai media che eminenti politici, che ci hanno governato facendo il brutto e il cattivo tempo e che abbiamo mantenuto di barba e capello, cadono dalle nuvole quando le loro malefatte vengono illuminate dalla luce del sole: dicono che credevano che…, si giustificano con pretesti assurdi che neanche la maestra d’asilo ti avrebbe dati per buoni. Pretendono l’assoluzione dal tribunale mentre noi veniamo condannati dall’Agenzia delle Entrate per aver sbagliato una voce della compilazione della dichiarazione dei redditi.
Ora possiamo scegliere la cavalcatura da votare, come suggeriva mezzo secolo fa Domenico Modugno: “Siamo rimasti in tre, tre briganti e tre somari sulla strada longa longa di Girgenti. Sì, ma se stasera incontriamo la corriera, uno balza sul lancione, uno acciuffa il postiglion, due sorvegliano di fuori, uno spoglia i viaggiatori e ce ne andiam…” La soluzione all’italiana che però non paga più.
Dunque disponiamo di tre bei campioni: Renzi, Grillo e Berlusconi. Tutte le generazioni e le professioni sono coperte. Se l’Europa è una corriera, può già cominciare a tremare. Renzi sembra il più puro, ma pur di governare, governa senza il voto del popolo e insieme all’acerrimo nemico di destra. Grillo strilla e sembra sempre che stia per sciogliersi in un pianto dirotto o rimanere stecchito, ma sappiamo che è un attore e nessuno ci leva dalla testa che, come comico, abbia una deformazione professionale. Berlusconi, beh, ha fatto di tutto e di più: la sua fantasia ha cavalcato la realtà oltre i confini europei, facendoci fare delle figure bestiali che neanche la mitologica vacca europea avrebbe potuto concepire. Che si vota, allora? Perché ovviamente si deve scegliere tra i factotum di questi che sono dei totem tribali. Così l’Italia è divisa per bande e non si rende conto che gli ostrogoti non hanno nemmeno bisogno di scomodarsi a scendere a Roma per portarci via anche le antiche pietre. E’ questione di qualche anno e troveranno un sistema politico-finanziario per dichiararci incapaci di intendere e volere, cioè di gestire il più grande patrimonio dell’umanità che è l’Italia culturale, la nostra terra. Perché il resto (i cervelli, l’industria, l’artigianato, la moda) ce lo siamo già fatto scippare. Dovremo pagare i debiti con le nostre coste, i nostri beni culturali, il nostro cibo.
I leghisti, che quando frequentavano la scuola dell’obbligo probabilmente stavano nel wc a fumare, hanno la soluzione in tasca: tornare alla lira e non pagare più nessuno. Potrebbe essere un’idea, tanto la benzina non ci serve perché i somari ce li abbiamo e i briganti pure. Homo homini lupus è sempre il nostro motto. E chi vivrà vedrà.