Uno. “Ogni mattina, il signor rappresentante del popolo si reca alla sede del Parlamento…Ivi, pieno di zelo per il servizio della nazione…per questi continui debilitanti sforzi, riceve in compenso un ben guadagnato indennizzo. Dopo quattro anni, o nelle settimane critiche in cui si fa sempre più vicino lo scioglimento della Camera, una spinta irresistibile invade questi signori. Come la larva non può far altro che trasformarsi in maggiolino, così questi bruchi parlamentari lasciano la grande serra comune e, alati, svolazzano fuori, verso il caro popolo”. (Hadolf Hitler, Mein Kampf, 1930).
Due. “L’organizzazione attuale dello Stato è burocratica, sovradimensionata, costosa, inefficiente. Il Parlamento non rappresenta più i cittadini che non possono scegliere il candidato, ma solo il simbolo del partito. La Costituzione non è applicata. I partiti si sono sostituiti alla volontà popolare e sottratti al suo controllo e giudizio.” (Programma del “Movimento 5 Stelle”.)
Tre. “(Il) Cretinismo parlamentare, (è l’)infermità che riempie gli sfortunati che ne sono vittime della convinzione solenne che tutto il mondo, la sua storia e il suo avvenire, sono retti e determinati dalla maggioranza dei voti….e che qualsiasi cosa accada fuori delle pareti di questo edificio….non conta nulla in confronto con gli eventi incommensurabili legati all'importante questione, qualunque essa sia, che in quel momento occupa l'attenzione dell'onorevole loro assemblea.” (Marx-Engels, Rivoluzione e controrivoluzione in Germania., 1851)
Quattro. “C’è un errore di fondo (che) risiederebbe nelle 'tesi ricorrenti' secondo cui la democrazia consiste nella 'dittatura della maggioranza aritmetica'. (Per)…impedire il suicidio della democrazia…bisogna ricorrere ad Autorità che …sospendono o relativizzano il dogma del consenso…Bisogna dunque affidare a un'istanza politica superiore il compito di 'sospendere' autoritativamente la democrazia elettiva aritmetica…un commissariamento europeo nei confronti degli stati membri…” (Antonio Ingroia, Micromega 1/2003).
Quando uscì il volume di Hitler, pochi mesi prima a Wall Street era esplosa la Grande Depressione. Fino a quel momento, la pur fragile Repubblica di Weimar aveva condotto la Germania fuori dagli abissi in cui si era ridotta dopo la I Guerra Mondiale e, nel 1925, quando il Fuhrer aveva pubblicato la prima parte del suo Credo, non se l’era filato nessuno. Dopo Wall Street, com’è noto, invece mutarono prospettive e percezioni.
Marx ed Engels scrissero quelle parole tre anni dopo il 1848, anno del Manifesto e di un’ampia serie di scossoni politici e sociali che attraversarono l’Europa al punto che “Un Quarantotto” divenne un’antonomasia, cioè una figura retorica per dire: disordine, instabilità politica ed economica, rivolgimenti, malcontento estremo.
Ci sono le parole e ci sono i contesti. E i nessi causali sono sempre ipotetici e vulnerabili. Come le similitudini e le analogie. Tuttavia non tutto quello che è accaduto in passato deve necessariamente risultare inutile. Basta volerlo.
Contro l’Euro chi scrive si è espresso più volte. Solo che criticare l’Euro tacendo di chi ne promosse l’introduzione in Italia, omettendo ogni reale coinvolgimento del Popolo Sovrano, camuffando il più grande rivolgimento geopolitico e di sovranità dai tempi di Carlo Magno come una faccenduola contabile, deliberatamente occultando i negoziati che la precedettero e il costo reale per il Paese, ecco criticare l’Euro senza parlare dei suoi Padri, in realtà non significa nulla, cari Spinelli e Maltese della lista Tsipras, caro Grillo, caro Salvini, cari Fratelli d’Italia; dov’eravate nel 1993? E nel 1996? Cosa scriveste o diceste sui referendum Segni del 1991? E sull’abbattimento asimmetrico della Prima Repubblica? Ad agitare manette in Parlamento? A circondarlo, chiedendogli di arrendersi? Ad inviare fax ad Antonio di Pietro? Ed oggi? A proporre Prodi o Rodotà come Presidenti della Repubblica? A straparlare di lupara bianca? Di processi popolari?
Se non si ristabilisce il valore delle parole, se non si pretende che traducano una serietà profonda e risalente, sperimentata e convalidata da scelte e sconfitte, da prezzi pagati e cicatrici, la critica all’Euro serve solo a bruciare ogni critica all’Euro.
Che è e rimane la questione delle questioni e meriterebbe di essere posta e affrontata in un contesto diverso da quello di un bar.
L’invocazione, ad opera di Organi statuali titolari dell’azione penale, di un “commissariamento europeo”, fatta allora in piena ubriacatura per l’Euro, delinea una singolare coincidenza, alla luce degli accadimenti successivi. Cioè: l’Euroburocrazia e una certa burocrazia nostrana paiono avere una “vision” spiccatamente ostile alla sovranità nazionale. S’intende, sempre in nome di un’immancabile buona, anzi, ottima, intenzione. L’Ordine Contabile, in un caso, la Lotta alla Mafia, nell’altro.
E mentre deputati e senatori, amministratori ed esponenti partitici attuali sembra facciano a gara nel rendersi indifendibili da una marea montante di disprezzo e di odio, la tentazione di sospendere l’ordinario funzionamento delle istituzioni repubblicane e democratiche serpeggia ed olezza. Solo che, per passare dal mugugno da bar alle Purghe, il passo, a volte, può risultare più breve di quanto si pensi. E sempre in forme legittime.
Ci sono le parole e ci sono i contesti. E i nessi causali sono sempre ipotetici e vulnerabili. Come le similitudini e le analogie. Tuttavia tutto quello che è accaduto in passato può sempre riproporsi e persino peggiorare. Basta ignorarlo.