Hanno inventato qualcosa i parlamentari del M5S? Quello sciamare inconcludente da liturgia teppistico-studentesca non ha padri, non ha madri? La “politica-casta”, la politica “che il più pulito ha la rogna” se l’è inventate Grillo? Quanti di quelli che oggi si mostrano sgomenti e distanti non hanno lavorato per il re di Prussia? E chi è il re di Prussia? E’ Grillo? Sicuri?
Basta con le domande. Tento una mezza risposta. Il Presidente Napolitano è inviso a quanti gli contestano di avere conseguito la sua rielezione vincolandola all’attivo ruolo politico di Berlusconi e dei suoi elettori. In realtà Napolitano ha garantito, al sommo grado, la Costituzione repubblicana, ponendo al centro della sua azione la volontà popolare della maggioranza: questa si può interpretare, si possono considerare le istituzioni anche nella loro specifica autonomia dall’espressione diretta del consenso, ma la regola aurea è la “sovranità popolare”. La c.d. tirannia della maggioranza è solo uno slogan utilitaristico e liberistico: gli “intellettuali critici”, a cui pensava Stuart Mill contro la “mediocrazia”, nelle società di massa rischiano sempre (com’è noto) di prenderci troppo gusto con la critica e di giungere a tragiche eterogenesi dei fini.
Ora, Napolitano questo lo sa. E questa distanza dagli “intellettuali critici” di casa nostra è il punto. E tanto non c’era e non c’è faccenda personale fra Napolitano e Berlusconi che, con il grimaldello dello spread, il primo aveva convinto il secondo a farsi da parte e si era inventato Monti: sembrava tutto a posto. Però, all’inizio 2013, andiamo a votare. Mannaggia. E questo non muore. Il fatto è che processi penali sospetti lo bollano di reità, ma alcuni milioni di italiani ugualmente lo votano; e, peggio, un altro partito che rappresenta altri milioni di italiani con lui si accorda. Partono le larghe intese. E Napolitano viene rieletto. E’ Aprile.
Tuttavia gli avversari della maggioranza degli italiani (questi tiranni!) non hanno altra scelta. O la piantano o proseguono lungo la via maestra intrapresa a Napoli nel Novembre 1994. Ricomincia subito il lavoro ai fianchi. E ritorna la giustizia. A giugno Ruby, sette anni. Ad agosto arriva la sentenza-Esposito. E poi,a settembre, 500 milioni a De Benedetti.
Ma qui si insinua la vischiosa continuità fra i fatti di questa settimana e la storia di questi anni. Fra teppismo che conta e teppismo gregario.
Infatti, già il primo accordo con Berlusconi nacque per effetto della “scelta scomunicante” del M5S: nessun contatto con Berlusconi, nè con chi lo contatta. Ma sappiamo, ed è questo il punto (vale la pena ribadirlo) che la “scelta scomunicante” è stata, prima di Renzi, anche di parte del PD ma, soprattutto, è stata quella del Gruppo De Benedetti, e in modo più defilato (ma puntuale nei momenti topici) anche dell’old money trans-padano, con i loro “giornaloni”: Corriere, La Stampa, e mettiamoci anche un po’ di Sole 24Ore. Avvocato Agnelli docet: “Se Berlusconi perde, perde solo lui, se vince, vinciamo tutti”.
Parallelo a questi movimenti visibili, da molti anni, ma con più insistenza negli ultimi due, nei sotterranei di Palermo aveva preso a scorrere il torrente limaccioso della c.d. trattativa. Viene assolto per la seconda volta il Generale Mori, cioè colui che avrebbe messo in esecuzione la ridetta trattativa con omissioni o azioni “di favore”; Massimo Ciancimino e il suo “papello” dispersi; il consigliere giuridico del Quirinale morto mentre, per lo meno, era molto addolorato dalle accuse di avere, a sua volta, intermediato con il Presidente Napolitano improprie richieste di moral suasion verso i Pubblici Ministeri.
Era allora intervenuta la Corte Costituzionale e aveva ripreso energicamente la Procura di Palermo, fissando la sua formale attenzione su quattro telefonate fra il Presidente Napolitano e il senatore Mancino, ma argomentando in termini inequivoci. Ristabilite le forme, se non ci fosse quella “scelta scomunicante” a ricattare la vita pubblica italiana, sarebbe stato fin troppo chiaro il senso di una pronuncia dai chiari toni ultimativi. Scrisse la Corte che le intercettazioni andavano certo distrutte; ma ad opera del giudice e non del Pubblico Ministero (Non si fidava? E per favore niente legulei, che un comma si trova sempre a sostegno dell’immancabile “atto dovuto”), e che l’eventuale diffusione sarebbe stata “estremamente dannosa…anche e soprattutto per il sistema costituzionale complessivo”.
Cioè, scrisse di non poter affidare un compito così delicato a quell’ufficio; che le era ben noto il consueto uso, diffamante e ricattatorio, degli atti di indagine; che, anche in questo caso, non lo si poteva escludere; stavolta precisando, però, che il solito giochino avrebbe fatto saltare il banco della Repubblica. Uno dice: “intelligenti pauca”. Macchè. Il torrente continua a scorrere. Deve continuare a scorrere.
Se ne va Alfano, trionfa Renzi e riduce la forza della “scelta scomunicante” interna a PD. Secondo accordo. Ancora agevolato, se non causato, da un gran rifiuto del M5S. Nervosismo ai piani alti. Ma Renzi potrebbe farcela e diventare potente. E le cattedre? E i Grand Commis? E la Rai? E i “posti buoni”? E le banche? E i prestiti? E i soldi facili in nome della virtù? Per ora non lo si può puntare a testa bassa. E tuttavia non si può lasciare la presa su Berlusconi. Ci sono quegli sconclusionati dei “cittadini”. Qualche flirt passeggero serve a stabilire conoscenze; poi, lanciato il sasso, si può sempre ritirare la mano (ufficialmente). Lasciamo fare.
Nel frattempo arrivano sette miliardi (Le riserve Bankitalia diventano capitale Bankitalia aumentato, che diventa delle banche azioniste, che “devono”, finezza, rivendere la quota eccedente il 3%. Risultato? Bei soldi) ai soliti indirizzi del “ganglio trans-padano”. Sì, quello della battuta, quello che può solo vincere. Ma l’unico argomento serio della faccenda si perde (pour case) nel marasma studentesco.
E vogliamo ancora parlare di Grillo e dei suoi utili teppistelli?