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October 30, 2013
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October 30, 2013
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Non esistono alternative

Jacopo ColettobyJacopo Coletto
Il leader del Pdl Silvio Berlusconi con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Il leader del Pdl Silvio Berlusconi con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Time: 6 mins read

 

“Il voto sulla mia decadenza sarebbe una macchia sulla democrazia italiana destinata a restare nei libri di storia: il leader di centrodestra escluso così, con una sentenza politica che è il contrario della realtà, perchè non si riesce a batterlo nelle urne… Si rende conto?”. Tornato il leone di un tempo, l'indomito Presidente Berlusconi ha assertivamente reagito all'ennesima provocazione da parte della solita magistratura, che cerca inutilmente di sovvertire la volontà popolare. E ha aggiunto: “Segnalo che il governo, se volesse, avrebbe un'autostrada per risolvere il problema: è tuttora aperta la 'legge delega' sulla giustizia, e basterebbe approvare una norma interpretativa di una riga, che chiarisca la irretroattività, la non applicabilità al passato della legge Severino. Letta dica si o no. Basterebbe rispettare lo stato di diritto, l'art. 25 della nostra Costituzione e l'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo”.

Statuaria e allo stesso tempo inarrestabile, come sempre, si staglia la figura del nostro Presidente Berlusconi, mai domo e perennemente condannato a vincere; come ogni volta, si fa beffe di tutti gli affanni e disegni sovversivi di coloro che lo vogliono eliminare ed esce rafforzato da ogni goffo tentativo di attacco alla sua persona. Noi del PD, come membri di una forza di governo, responsabile e operante per il bene del Paese, non possiamo ignorare tutto questo. Dovremo trovare una soluzione: ognuno di noi è perfettamente conscio che la caduta del governo in questo momento sarebbe assolutamente inaccettabile: una sciagura da evitare a qualsiasi costo. Le parole del nostro insostituibile presidente Napolitano ancora risuonano cristalline nelle nostre orecchie, risplendenti della lungimiranza e del senso di abnegazione di chi le ha proferite: serve stabilità, occorre abbassare i toni, è tempo di porre fine ai pregiudizi, si collabori per il bene comune, si trovino soluzioni condivise.

Questi moniti, come sempre, saranno la nostra stella polare. Siamo ben consapevoli che gli imbonitori di turno non vadano nemmeno considerati, con le loro grida sgraziate e inconsulte, e i loro atteggiamenti davvero così poco educati. A chi offende il presidente Napolitano apostrofandolo addirittura con aggettivi così denigratori come "furbo", o ricorrendo alla sua età anagrafica per attaccarlo gratuitamente, noi rispondiamo con l'indifferenza e col silenzio. E le inaccettabili provocazioni, nelle quali si insinua addirittura il fatto che il presidente possa essere "di parte", noi le respingiamo con fermezza e con forza. Come ha detto il nostro segretario, “Basta con la propaganda, basta attacchi al presidente: il Paese chiede serietà, e non attacchi futili e immotivati”.

Anche i maligni che osservano come il Presidente Napolitano forse sia andato un po' troppo in là con i suoi interventi, parlano in malafede e devono essere zittiti. Se Napolitano ha fortemente voluto la distruzione delle sue intercettazioni con Mancino, era esclusivamente per ribadire il concetto di inviolabilità della sua persona e della sua privacy, sempre e comunque: non pensino le malelingue che avesse qualcosa da nascondere. Se Napolitano continua a ricevere al Quirinale, e a mantenere forti rapporti istituzionali col Presidente Berlusconi nonostante la sua condanna definitiva per frode fiscale, significa che anche lui intuisce la possibile infondatezza della sua condanna, e riconosce il grande carisma del Presidente Berlusconi che tanti milioni di italiani hanno votato. Ed è, questa, la stessa ragione per cui Napolitano dice di "comprendere lo sgomento" di una parte politica per una sentenza di un Tribunale della Repubblica. Anch'egli recepisce il concetto che la magistratura potrebbe basarsi su teoremi giudiziari per eliminare l'avversario politico, e comprende la necessità di una riforma che eviti l'uso politico della giustizia e metta i magistrati sotto controllo. Tutto il resto sono chiacchiere: abbiamo sempre severamente redarguito chiunque osi anche velatamente criticare l'operato del Presidente della Repubblica, e continueremo a farlo con sempre maggiore convinzione. Non creda Grillo che il consenso datogli da una certa parte dell'elettorato, peraltro in forte calo secondo i nostri sondaggi, gli dia il diritto di poter parlare a vanvera e di apostrofare il Presidente. Grillo, in quanto condannato definitivo, non è molto dissimile da un delinquente comune: non può quindi permettersi comportamenti simili, e il consenso popolare non lo mette affatto al di sopra della legge. Come ha detto giustamente un grande giornalista, Grillo rappresenta l'arci-italiano del peggio: come tale va considerato e contrastato.

Le nostre priorità d'azione sono dunque chiare. Per garantire stabilità al Paese, faremo appello al senso di responsabilità di tutti affinché venga concesso il diritto di difesa al Presidente Berlusconi. L'enorme consenso popolare che ha sempre ottenuto, quantificabile in oltre dieci milioni di italiani che lo hanno scelto come loro leader, impone in noi una riflessione profonda: ognuno di noi, nel pieno della sua coscienza e nel segreto del voto parlamentare, dovrà seriamente chiedersi se una figura come il leader del centrodestra, voluto da milioni di elettori e che ha rappresentato fino a poco tempo fa la nostra nazione nel mondo intero, accrescendo il nostro prestigio internazionale, debba essere violentemente espulsa dal Parlamento meramente a causa di una sentenza ampiamente discutibile e verso la quale è lecito nutrire sgomento (l'ha dovuto ammettere Napolitano stesso). E, non dimentichiamocelo, tutto questo contro la volontà dell'elettorato. Ognuno di noi dovrà leggere seriamente e con forte spirito critico le carte che hanno indotto i magistrati ad accanirsi contro il Presidente Berlusconi, imponendogli una pena così incredibilmente aspra e inaspettata. Ognuno dovrà concentrarsi sulla presunta fondatezza delle prove addotte, e porre in cuor suo una domanda: è realmente plausibile che colui che ha versato tasse per svariate centinaia di milioni di euro possa architettare un simile apparato per frodare il fisco, oltre tutto per una quantità di denaro che, fatte le dovute proporzioni, sono pochi spiccioli? 

Esamineremo in maniera coscienziosa ed approfondita la tesi dei nostri preziosi alleati di governo, secondo la quale la Legge Severino non sarebbe retroattiva. In proposito, già molti di noi nutrivano parecchi dubbi. Non è accettabile che una persona debba scontare una pena più grave di quella in vigore nel momento in cui commetteva il reato: ciò non avviene in nessuna democrazia occidentale e andrebbe concettualmente contro la certezza del diritto. Molti di noi sono per la pronuncia della Consulta in proposito, ma non escludiamo di chiarire l'irretroattività della Legge Severino promulgando una legge delega, come ci è stato intelligentemente suggerito dal nostro alleato di governo, il Presidente Berlusconi.

In ultimo, bisognerà pensare alle conseguenze politiche di questo voto sulla decadenza: se per disgrazia il Presidente Berlusconi, leader del centrodestra e liberamente votato da decine di milioni di italiani, venisse forzatamente espulso dal Senato, la stabilità di governo verrebbe meno e il nostro premier, Letta, sarebbe costretto a rassegnare le dimissioni. Sarebbe quantomeno surreale se dei parlamentari del PD votassero per favorire uno scenario politico nefasto per un governo presieduto da un membro del loro stesso partito. Come capirebbero gli elettori?

Certo, esistono ancora delle sacche di resistenza fra il nostro elettorato. Una parte della nostra base, per fortuna limitata e ben identificata, ha a cuore una perversa idea di giustizialismo anziché il bene del Paese. Codeste persone, accecate dall'odio, si trasformano quasi in tifosi, per cui la figura del Presidente Berlusconi verrebbe addirittura assimilata a una sorta di delinquente comune, e questo solo a causa della sua condanna definitiva. Costoro si permettono perfino di criticare aspramente il Presidente Berlusconi per alcune frasi a lui attribuite, nelle quali la magistratura viene definita "cancro della democrazia", e i magistrati descritti come "antropologicamente diversi" dal resto del genere umano: attaccando così ciecamente il leader del centrodestra, queste persone non capiscono che si tratta di opinioni personali, sempre legittime e inattaccabili. Il dissenso è lecito, ma andrebbe sempre esternato con grazia e sottovoce. Questi nostri elettori non accettano alcun accordo con il centrodestra, e questo per puro partito preso, per via dei loro pregiudizi e della loro scarsa apertura mentale. Noi del PD abbiamo il compito di educarli, di spiegare loro come un accordo col Presidente Berlusconi era necessario in aprile, per dare vita al Governo Letta, ed è assolutamente necessario oggi, per evitare la caduta di questo governo del quale noi stessi facciamo parte. Fra l'elettorato sono presenti, purtroppo, individui comunque refrattari a ogni tentativo di educazione e di pacificazione: sono, essi, come i giapponesi che non si arrendevano all'evidenza della guerra perduta, e si nascondevano nei boschi per continuare la lotta da soli. Persone, queste, che non capiscono il nostro senso di responsabilità, che non comprendono come la collaborazione non significhi necessariamente una resa, che non credono alle nostre parole quando diciamo che, forse, fra cinque anni governeremo noi con una maggioranza, se non proprio schiacciante, quantomeno non troppo litigiosa. Sobillati da papelli sovversivi, e infiammati dalle parole incendiarie e sgraziate di giornalisti scandalistici, credono di vivere in un'altra realtà fatta d'odio e di invidia. Ma per fortuna sono pochi e, comunque, spariranno.

Non so voi, ma io non mi sono mai sentito più giapponese di adesso. Spero vivamente di sbagliarmi, ma temo, purtroppo, di non essere molto lontano dalla realtà dei vertici del PD. Prendere la tessera? Giudicate voi…

* Jacopo Coletto lavora a New York come analista finanziario in una delle maggiori società di gestione del risparmio americane. Ha conseguito una laurea in Discipline Economiche e Sociali presso l’università Bocconi e un master in Ingegneria Finanziaria presso l’Università di California a Berkeley. E' un attivista del Circolo PD di New York

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Jacopo Coletto

Jacopo Coletto

Jacopo Coletto lavora a New York come analista finanziario in una delle maggiori società di gestione del risparmio americane. Ha conseguito una laurea in Discipline Economiche e Sociali presso l’università Bocconi e un master in Ingegneria Finanziaria presso l’Università di California a Berkeley. E' un simpatizzante del PD ed è stato attivo nel Circolo PD di New York.

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