ROMA. Per alcuni giorni Napolitano si era dato un po’ di respiro dopo mesi di faticosa supplenza alle assenze della politica. Ieri il preside-presidente è ritornato sulla scena, e che cosa ha trovato? Lo spettacolo ben noto di qualunque scolaresca abbandonata a se stessa: qualche «secchione» intento sui libri, e tutti gli altri dediti alla ricreazione. Il Pdl che riprende a pallettate i giudici, organizzando proteste di piazza contro le condanne al leader, e il Pd che dà libero sfogo all’auto-lesionismo (mancano poche ore all’Assemblea nazionale, eppure sul successore di Bersani ancora non c’è traccia di intesa). Più in generale, un grande senso di sfilacciamento, con i due maggiori partiti obbligati a convivere eppure incapaci di remare nella stessa direzione…
Come primo gesto Napolitano ha intimato «basta» agli insulti e agli eccessi verbali. La campagna elettorale è finita, le «esternazioni violente» non trovano giustificazione alcuna. Quindi il Capo dello Stato ha messo un po’ d’ordine sul cammino delle riforme, dopo che il Cavaliere si era dapprima candidato a guidare la Convenzione e subito dopo (avendo ricevuto un no secco dal Pd) l’aveva silurata: si procederà, fa filtrare il Colle, attraverso le procedure ordinarie previste dalla Costituzione all’articolo 138. E’ la strada suggerita dal ministro Quagliariello, cui «Re Giorgio» concede il suo placet. Qualcuno scorge la mano del Presidente pure dietro la frenata serale berlusconiana, niente assalti lunedì prossimo al Palazzo di Giustizia e accenti più responsabili nella manifestazione di domani a Brescia. *Continua a leggere su La Stampa