Inutile lasciarsi ingannare dai toni da finimondo della campagna elettorale, o dalle attuali rivendicazioni di protagonismo dei dirigenti di partito: “La grande coalizione che sostiene il governo di Enrico Letta è una versione ‘soft’ di uno spazio depoliticizzato – dice al Foglio il politologo e giornalista americano Nathan Gardels – I vari partiti hanno smussato i loro spigoli più partigiani nel nome del compromesso e dell’interesse generale”. Gardels – citato più volte nel libro che Mario Monti aveva scritto l’anno scorso mentre era a Palazzo Chigi, insieme all’europarlamentare francese Sylvie Goulard, intitolato “La democrazia in Europa” (Rizzoli) – è un teorico della democrazia elitaria, cioè della necessità di innervare di competenza e organismi tecnocratici i nostri regimi politici, in modo da non lasciarli arenare nella faziosità e nella partigianeria.
Già oggi ci serviamo di Banche centrali autonome e authority indipendenti, questo metodo va ampliato. Oggi Gardels non ha problemi a parlare di quello che, al di là delle apparenze, definisce “una sorta di Monti-bis”, una tecnocrazia ben dissimulata. D’altronde lo aveva già previsto sul Foglio all’indomani delle elezioni da cui il partito dell’ex presidente della Bocconi era uscito ridimensionato rispetto alle attese. Ma non, invece, il suo “esperimento tecno-democratico”.
Continua a leggere su ilfoglio.it