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June 17, 2012
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Costretta ad uccidere per Kony

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Grace Akallo alle Nazioni Unite

Grace Akallo alle Nazioni Unite

Time: 10 mins read

 Al Palazzo di Vetro è stato rilasciato il rapporto sui bambini vittime dei conflitti armati. I dati rilasciati sulla Siria sono stati quelli piú al centro dell’attenzione, con RadhikaCoomaraswamy, la Special Representative of the Secretary-General for Children and ArmedConflict, che nella conferenza stampa di martedí ha rilasciato cifre agghiaccianti su come le forze armate segrete del regime di Assad avrebbero torturato, violentato e ucciso centinaia di minori in Siria.

Mentre annotavamo questi dati terribili, abbiamo assistito alla scioccante testimonianza diGrace Akallo, giovane donna ugandese che all’etá di 14 anni fu rapita dalle forze ribelli di Joseph Kony. Grace fu costretta come altre migliaia di bambini a diventare un soldato della Lord Resistance Army, l’esercito ribelle che negli ultimi venti anni ha seminato terrore e morte tra l’Uganda, il Sudan, il Kenya e il Congo. 

 Grace Akallo fu rapita nel 1996 durante un raid che LRA fece in una scuola di Oboke, nel Nord dell’Uganda, insieme ad altre 138 sue compagne all’istituto St. Mary: una scuola amministrata da suore italiane, tra le quali l’eroica Suor Rachele Fassera. Grace, che è sopravvissuta a quell’esperienza terrificante e ha preso da poco un master in un college statunitense, combatte la battaglia per far liberare gli altri bambini soldato e farli ritornare ad una vita normale. 

Al Palazzo di Vetro, Grace ha accettato di rispondere alle nostre domande su quella terribile esperienza: “Il mio nome é Grace Akallo, sono ugandese e sono una ex allieva della scuola cattolica di Aboke. Suor Rachele era la vice preside, la preside della scuola era Suor Alba. Era la scuola migliore della regione, e noi ragazze vivevamo una bellissima esperienza in quel collegio. Le suore erano come delle madri per noi, ci conoscevano tutte per nome. Quando il rapimento avvenne il 9 ottobre del 1996 é stato il giorno peggiore della nostra scuola e la nostra vita cambió per sempre. 139 allieve furono rapite dagli uomini di Joseph Kony. Ma Suora Rachele seguí i ribelli e una volta raggiunti li pregó di liberarci. Offrí soldi e tutto quello che aveva, offrí anche di curare i ribelli feriti, ma alla fine accettarono di liberare soltanto 109 ragazze. Suor Rachele non voleva accettare l’offerta, voleva tutte le ragazze ed era pronta ad ofrire la sua vita in cambio, ma dovette prendere una decisione, perché la minacciarono che se non se ne fosse andata con le 109 bambine lasciadogli le 30 piú grandi, non avrebbe liberato piú nessuna e anche lei avrebbe subito violenze. Suor Rachele capí che doveva tornare alla scuola con 109 bambine e lasciare le altre 30 con i ribelli di Kony. Io ero una delle bambine che rimase prigioniera del LRA. La nostra sofferenza fu terribile”.

 

Quanti anni avevi quando accadde tutto questo?

Io avevo 14 anni, altre mie compagne erano anche piú piccole. Dovetti imparare a combattere. All’inizio non ci davano i fucili, ci mandavano davanti e dovevamo fare rumore con delle specie di tamburi, insomma fare da bersagli dei loro nemici. Poi ci insegnarono anche a montare le armi e a sparare per diventare combattenti.

 

Hai mai visto o conosciuto Joseph Kony?

Si, venne a parlare con noi bambine quando arrivammo in Sudan. Ci parló della guerra per conquistare l’Uganda, dei suoi nemici, e poi disse che uno Spirito gli aveva comandato cheuccidessimo un certo numero di nemici. E poi, mentre dava certe istruzioni rideva spesso, mentre ci incitava ad uccidere, rideva…

 

Avevi giá capito quanto pericoloso fosse quell’uomo?

Fin dall’inizio avevo capito che le cose non erano giuste. Eravamo state portate via con la forza dalla nostra scuola. Poi ci violentarono, ci insegnarono a usare le armi. E infine fummo forzate a uccidere. Dovevamo scovare le persone dentro le loro capanne per ucciderle.

 

Ad un certo punto però sei scappata…

Si, ci trasferirono in Sud Sudan e li combattevamo ma ci fu una grande battaglia con le forze sudanesi e in quella confusione riuscíi a fuggire

 

Chi ti aiutó dopo?

Vagai per settimane, poi fui aiutata a tornare nella scuola di Oboke. E qui Suor Alba e Suor Rachele mi stettero sempre vicino, mi parlarono continuamente, e mi aiutaronoincoraggiandomi a raccontar loro tutta la storia di quello che mi era accaduto. Suor Rachele intanto non smetteva di cercare ancora le altre bambine ancora prigionie. In tutti questi annié andata ovunque per cercare di liberare quelli ancora prigionieri, in Kenya, da Kofi Annan, dappertutto….

 

Una tua compagna che allora fu rapita con te e che é ancora prigiorniera, una combattente di Kony. Cosa farai per aiutarla e aiutare anche gli altri ragazzi e ragazze a tornare alla loro vita?

Sto lavorando per questo da molto tempo, ho fatto del volontariato in Uganda. Poi sono venuta qui negli USA a studiare perché volevo prepararmi per aiutare meglio. Volevo che tutti sapessero. Ho preso un master, e ho poi cominciato a lavorare con la mia fondazione per poter aiutare i ragazzi e ragazze soldato a reinserirsi nella comunitá. E’ per questo che si devono dare piú risorse alle comunitá dove questi ragazzi possano rinserirsi.

 

Se avessi il potere di poter dare un consiglio ai potenti della terra su come salvare i bambini soldato, se potessi parlare con il Presidente Obama, cosa gli diresti?

 Prima di tutto bisogna catturare Kony. Deve essere preso. Poi si devono riuscire a reintegrare tutti questi bambini soldati e i bambini ormai diventati adulti e rimasti segnati per sempre. Bisogna aiutarli a diventare degli adulti sani, e quindi ci vogliono molte risorse nella comunitá che li accoglie, risorse per l’istruzione di questi bambini che hanno vissuto degli anni terribili. Le scuole vanno ricostruite anche per loro.

 

Perché secondo te è cosí difficile catturare Kony, in fuga da tutti questi anni?

Prenderlo è un dovere, rappresenta ancora un grande rischio. Il problema è anche che lui si circonda da tutti questi bambini soldato che sono stati precedentemente rapiti. E allora attaccarlo significherebbe uccidere anche loro, questi poveri bambini innocenti, che sono stati costretti a diventare suoi soldati. Un dilemma non da poco conto.

 

Il procuratore del Tribunale internazionale dell’Aja Luis Moreno Ocampo ha detto alcuni giorni fa, proprio qui all’ONU, che Kony verrá preso o ucciso entro il 2012.

 Sì lo spero proprio, prego che avvenga e lo vorró vedere prigioniero, oppure il suo corpo. Finchè non rivedrò la sua faccia non ci crederó. Tutti devono vederlo. Esiste infatti una credenza che pensa che Joseph Kony sia uno spirito maligno impossibile da catturare. E allora bisogna mostrarlo: solo cosí le sue vittime finalmente si sentiranno liberate. 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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