Alle Nazioni Unite, la guerra civile in Siria resta al centro del dibattito diplomatico. Giovedí Hofi Annan, l’inviato speciale per la Siria del Segretario Generale dell’Onu e della Lega Araba, ha ribadito in un collegamento video da Ginevra, durante una riunione informale dell’Assemblea Generale a New york, che il governo siriano ha accettato il suo piano per il ritiro delle truppe dai centri abitati entro il 10 aprile e per il cessare le violenze nel Paese entro le 6 del mattino del 12 aprile.
L’ex segretario generale Annan si rivolgeva all’Assemblea giovedí mattina dopo che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU era riuscito in extremis in tempo ad approvare una nuova dichiarazione presidenziale che appoggia il piano dell’inviato dell’Onu e della Lega Araba, ma che ha richiamato ancora una volta il regime di Damasco alle sue responsabilitá, perché nonostante la sua dichiarata accettazione del piano Annan, "le operazioni militari contro la popolazione civile non sono terminate". Anzi, col passare delle ore, gli scontri in Siria si stanno intensificando. Nella sua dichiarazione, il Consiglio di Sicurezza ribadisce il pieno sostegno all’opera dell’ex segretario generale dell’Onu anche per favorire l’accesso umanitario e facilitare un processo di transizione politica che conduca il Paese verso un regime democratico e pluralistico. "Le violenze in Siria non si sono fermate, e la situazione sul territorio continua a deteriorarsi", ha ribadito il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, all’Assemblea Generale prima che Annan intervenisse in videoconferenza.
Quando poi è venuto il turno dell’ex segretario generale Annan, egli ha ribadito che la priorità assoluta é quella di "far tacere le armi e fermare esecuzioni, torture, abusi sessuali e tutte le altre forme di violenza". Damasco ha annunciato di aver giá cominciato il ritiro dei militari da alcune città, ma anche che l’operazione di disimpegno si completerá solo "in base alla situazione sul terreno in ogni regione". Nella dichiarazione presidenziale, letta al Consiglio di Sicurezza dall’ambasciatrice americana Susan Rice, che ha appena assunto la presidenza di turno del Consiglio per il mese di aprile, si evidenzia l’importanza di una efficace e credibile supervisione delle Nazioni Unite per monitorare il rispetto degli impegni assunti da Damasco. E intanto l’avanguardia della missione degli osservatori Onu incaricata di monitorare l’auspicato cessate il fuoco è giunta nelle ultime ore a Damasco, guidata dal generale norvegese Robert Mood. Kofi Annan ha anche annunciato che l’11 aprile si recherá in missione a Teheran, cioè in quel l’Iran paese chiave della crisi dato che è l’alleato finora piú fedele al regime siriano di Assad. Giovedí, la riunione informale dell’Assemblea Generale in cui ha parlato in video conferenza Annan, era presieduta dal Presidente dell’Assemblea Nassir Abdulaziz Al-Nasser, che prima di essere eletto alla carica, era l’ambasciatore del Qatar all’Onu. La riunione, alla quale non è stato dato accesso ai giornalisti, all’inizio è stata visibile nei video interni dell’Onu. Ma dopo gli interventi di Al Nasser e Ban ki Moon, il collegamenteo della UN tv è stato interotto e quindi non è stato possibile per i giornalisti vedere gli altri interventi, soprattutto quello atteso dell’ambasciatore siriano Bashar Ja’afari che sembrava aver richiesto la parola. Quest’ultimo ha cosí nel pomeriggio di giovedí convocato una conferenza stampa al Palazzo di Vetro, dove ha accusato la presidenza dell’Assemblea Generale non solo di non essere imparziale, ma di voler boicottare la missione di pace di Annan. L’ambasciatore siriano ha dichiarato ai giornalisti che il presidente dell’Assemblea Generale Al Nasser non farebbe altro che perseguire la politica del Qatar, dell’Arabia Saudita e della Turchia di voler continuare ad armare l’opposizione. "Invece ad Annan gli si dovrebbe dare una possibilitá di riuscire nella sua missione" ha detto Al Ja’afari. "Ma cosa accadrebbe se l’esercito siriano si ritirasse dai punti caldi e l’opposizione armata non rinunciasse a combattere?" ha continuato l’ambasciaotre siriano al Palazzo di Vetro.
Al Ja’afari ha continuato con i giornalisti elencando le accuse nei confronti della presidenza dell’Assembblea Generale che avrebbe voluto la riunione a porte chiuse e non avrebbe concesso l’ingresso ai giornalisti, e che avrebbe permesso soltanto all’Arabia Saudita di intervenire ignorando invece la richiesta siriana di un minuto di silenzio per tutte le vittime dei combattimenti in Siria.
Insomma l’ambasciatore siriano ha cercato di convincere i giornalisti che il governo di Assad ha accettato il piano di Annan e quindi vorrebbe il successo della missione Onu ma che l’Arabia Saudita, con il Qatar, la Turchia e alcune potenze occidentali starebbero tramando per farla fallire armando i ribelli proprio quando invece con l’Onu si sta cercando di far cessare i combattimenti.
Poi Ja’afari ha riservato il suo attacco piú duro all’Arabia Saudita, dicendo che non ha il diritto di ergersi a giudice sul rispetto dei diritti umani "perché è il paese dove non si possono costruire Chiese, dove nessun cristiano o ebreo puó essere seppellito, e dove le donne soltanto adesso possono attendere ad una partita di calcio ma sempre in zone separate".
L’assistere in diretta al Palazzo di Vetro alla guerra delle accuse e controaccuse tra la Siria e i suoi arcinemici Arabia Saudita e Quatar, in effetti non faceva ben sperare sulla riuscita della missione di Annan. "Il cessate il fuoco non è solo un problema tecnico, m deve inviare un forte segnale politico di pace". Cosé si era espresso l’inviato speciale Annan durante il suo intervento in video conferenza, spiegando ai delegati di continuare ad aumentare i suoi sforzi perché sia le autoritá di Damasco che le forze di opposizione agiscano per porre fine alle violenze.
Il Consiglio di sicurezza dell’Onu abbiamo detto aveva approvato proprio giovedí mattina una dichiarazione a sostegno della missione di Kofi Annan in Siria. La dichiarazione chiede a Damasco il rispetto del termine del 10 aprile per il disimpegno militare e il cessate il fuoco entro le 48 ore successive.
Nel testo si ribadisce il pieno sostegno all’opera dell’ex segretario generale dell’Onu volta a porre fine alle violenze, favorire l’accesso umanitario e facilitare un processo di transizione politica che conduca il Paese verso un regime democratico e pluralistico. I Quindici evidenziano inoltre l’importanza di una efficace e credibile supervisione delle Nazioni Unite per monitorare il rispetto degli impegni assunti da Damasco, e si dicono disposti ad esaminare le opzioni per l’autorizzazione di un meccanismo di vigilanza imparziale sulla realizzazione del cessate il fuoco.
Alla luce di quale sarà la reazione in Siria, il Consiglio si riserva di prendere in considerazioni ulteriori passi. Ma ovviamente le notizie dell’intensificazione dei combattimenti fanno crescere lo scetticismo, soprattutto espresso dalla Francia, con il ministro degli Esteri Alain Juppé, che ha detto di non essere ottimista sull’applicazione da parte del regime siriano del piano di pace di Annan: "Si puó essere ottimisti? Io non credo", ha affermato Juppé da Parigi. E sulla Siria si è fatta sentire anche l’Italia, tramite l’ambasciatore al Palazzo di Vetro Cesare Maria Ragaglini, che giovedì ha ribadito in una dichiarazione che "L’Italia sostiene l’azione dell’Inviato Speciale congiunto dell’ONU e della Lega Araba per la Siria, Kofi Annan nella convinzione che ogni sforzo per porre termine alle violenze e alla violazione dei diritti umani nel Paese vada incoraggiato". Quindi l’Italia ha annunciato un contributo finanziario alle Nazioni Unite per consentire un supporto piú efficace del Segretario Generale alle attivitá dell’Inviato Speciale. Il governo italiano contribuirà con 650.000 dollari al Dipartimento Affari Politici dell’Onu a sostegno dei processi di transizione in Yemen e, soprattutto, degli sforzi per porre fine alla crisi in Siria. In particolare, le risorse messe a disposizione sono mirate al sostegno degli sforzi diplomatici dell’Inviato Speciale congiunto dell’ONU e della Lega Araba per la Siria per porre termine alle violenze e alla violazione dei diritti umani nel Paese e promuovere una soluzione pacifica alla crisi siriana.