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Nell’Italia di oggi “non si può più dire niente?”

Lo scontro è in primo luogo fra i fautori del cosiddetto ‘politically correct’ e una vasta onda di commentatori di destra

Alessandra QuattrocchibyAlessandra Quattrocchi
Nell’Italia di oggi “non si può più dire niente?”

Filippo Facci - ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Time: 4 mins read

Chi avrebbe il coraggio di dire, in una mattina di luglio al pubblico Rai, “Le olandesi sono grosse”. “Ma tanto a letto sono tutte alte uguali”? Non è uno scherzo: è solo una delle battute pronunciate da un paio di telecronisti inviati dalla TV di Stato italiana fino in Giappone a seguire i mondiali di nuoto. “Questa si chiama Harper, è una suonatrice d’arpa. Come si suona l’arpa? La si…”. “La si tocca?”. “La si pizzica”. “Si la do”. Che bello: alle donne bastano tre note, aggiungono Lorenzo Leonarduzzi e Massimiliano Mazzucchi, non sette come agli uomini. Non solo sessismo becero: nella gara maschile di tuffi che vedeva concorrere Riccardo Giovannini, Leonarduzzi ispirato, lo chiama “Liccaldo: i cinesi direbbero così”.  Sono le nove di mattina del 17 luglio, lunedì; di fronte alle proteste vibrate di tanti telespettatori (quelli, ricordiamo, che pagano il canone Rai con la bolletta della luce) l’azienda di Stato richiama i due in patria a tambur battente e apre un’inchiesta interna. 

Pare un aneddoto limitato per quanto orrendo, in realtà è anche la spia di uno scontro che serpeggia da tempo nella società italiana, e si è acuito con l’arrivo al governo della destra di Fratelli d’Italia guidata da Giorgia Meloni. Leonarduzzi non è nuovo a queste uscite: nel 2018 su Facebook fece gli auguri a Hitler nel giorno del compleanno. Nel 2020 commentando un rally usò il nome del pilota estone Ott Tanak per pronunciare (per scommessa disse) una “battutaccia: Donna nanak tutta Tanak”. Andò incontro a una sospensione.

Solo che sembra l’ultima perla in una catena imbarazzante. Già l’opposizione accusa il governo di destra di aver “occupato” la Rai spingendo alla fuga nomi liberal come il conduttore Fabio Fazio e la giornalista Lucia Annunziata, peraltro campioni di audience, e dando spazio a giornalisti e presentatori di destra. Ma l’occupazione della Rai, notoriamente, in Italia è lo sport di tutti i governi che cambiano segno politico: saltano i direttori, alcuni programmi restano all’opposizione altri no; la chiamano “lottizzazione”, funziona così da sempre. Il problema è quando i nuovi arrivati sono impresentabili.

Per esempio, il giornalista Filippo Facci, anni 56, penna di punta del quotidiano Libero (e prima del Giornale, sempre area di destra berlusconiana). La nuova Rai doveva affidargli una striscia quotidiana, “I facci vostri”. Solo che appena incaricato, il ‘polemista’ (alcuni lo definiscono così) ha scritto un editoriale sul caso La Russa, il figlio del presidente del Senato accusato di stupro. Cominciava così: “Risulterà che una ragazza di 22 anni era indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa”. Anche in questo caso l’amministratore delegato Rai, Roberto Sergio, lo ha trovato (meno male) inadatto alla Tv di Stato: il programma di Facci è stato revocato dopo qualche giorno di tira e molla. La stampa di destra grida alla censura. Solo che Facci non è uno sconosciuto: scrive cose di questo tipo, e anche peggio, da anni ed anni; insomma, se non è adatto allo spirito Rai c’erano tutti gli elementi per capirlo da prima.

pic.twitter.com/ZrA1G0tu98

— Filippo Facci (@FilippoFacci1) July 13, 2023

Lo scontro cui accennavo è in primo luogo fra i fautori del cosiddetto ‘politically correct’ (o ‘culturally sensitive’, sebbene in Italia nessuno usi questa espressione) e una vasta onda di commentatori di destra per cui cercare di tutelare almeno la buona educazione equivale alla pura censura (al grido di ‘non si può più dire niente!’). Sono tanti, sui giornali, per radio, e sui social, ad accusare gli ‘eccessi’ di femministe, vegani, intellettuali.

In questa furia si fa di tutt’erba un fascio; dall’università USA dove si rilegge criticamente The adventures of Huckleberry Finn, ai guai della docente che non accetta la ridefinizione di genere degli studenti, al nuovo film di Biancaneve senza i sette nani, e a chi protesta contro l’uso di epiteti razzisti o sessisti, alla scuola che invita a non usare l’albero di Natale in classe per rispetto ai bimbi non cristiani: è tutto ‘non si può piùù dire niente, basta dittatura di sinistra’.

La domanda, in Italia, è se l’avvento del governo più a destra dal 1945 abbia cambiato il clima. Qualche altro esempio di scontro degli ultimissimi giorni. La direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, notoriamente vicina a Fratelli d’Italia (per cui ha anche diretto qualche concerto), già nominata consulente del ministro della cultura Sangiuliano, ha chiuso a Lucca un concerto in onore di Giacomo Puccini suonando a sorpresa l’Inno a Roma composto dal musicista nel 1919 (forse lo conoscete: “Sole che sorgi libero e giocondo”…) Brano che non piaceva al maestro (in una lettera alla moglie Elvira lo definì ‘una bella porcheria’), ma piacque al regime fascista e ancora di più al partito suo erede nella Repubblica, il Movimento Sociale Italiano che lo usava come colonna sonora dei suoi eventi. Polemiche a non finire (con la stampa di destra che grida appunto alla censura), riverberate poi su Alberto Veronesi, altro direttore d’orchestra (e figlio del celebre oncologo Umberto).

Beatrice Venezi – ANSA

Veronesi figlio ha diretto la prima di Bohème al festival pucciniano di Torre del Lago, solo che è salito sul podio… bendato, come Zorro, suscitando sconcerto fra pubblico e orchestrali. Motivo: significare il suo disappunto verso la regia del francese Christopher Gayral, che ha trasposto l’opera nella Parigi del 1968, fra cortei rivoluzionari, striscioni e pugni chiusi. Fischi dal pubblico, e sabato 15 Veronesi riceve una lettera di licenziamento dal presidente del festival Puccini. Anche qui, accuse di dittatura della sinistra (Veronesi ha parlato di “pensiero unico a Sinistra” spiegando che voleva protestare “contro le masturbazioni ideologiche”. Dirigere bendato non avrà inficiato la prova artistica? “Anche Karajan dirigeva a occhi chiusi” ha risposto a un giornalista. Intanto era Karajan, e poi ogni tanto li apriva).

Va detto che le accuse – assai frequenti – secondo cui la cultura in Italia sarebbe tutta in mano alla sinistra, si scontrano con la pochezza degli intellettuali di destra, impegnati più in gesti eclatanti che in produzione artistica. Quello che molti si chiedono però è se le intemperanze del telecronista Leonarduzzi dipendano dalla sensazione che il vento sia cambiato. In questo caso, ci ha rimesso almeno la trasferta in Giappone; però quelle frasi sono andate in onda, e in decine di migliaia le hanno sentite, di destra e sinistra, grandi e bambini.  

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Alessandra Quattrocchi

Alessandra Quattrocchi

Giornalista e scrittrice, si occupa di politica nazionale e internazionale, cultura, società lingua e letteratura Alessandra Quattrocchi is a journalist, essayist, videomaker and storyteller. She deals mainly in politics, literature and the arts.

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