Il Primo emendamento della Costituzione degli USA, che difende la libertà di espressione e soprattutto i giornali dall’essere minacciati dalle denunce dei politici, ha avuto una conferma della sua forza di resistenza lunedì. Infatti, un giudice federale a New York ha detto che rigetterà la causa per diffamazione contro il New York Times intentata dall’ex candidata alla vicepresidenza USA Sarah Palin, con la motivazione che non ha raggiunto il livello di prova legale che il quotidiano abbia agito “con malizia” nel pubblicare un editoriale nel 2017 che includeva un’accusa non vera contro di lei.
Il giudice Jed S. Rakoff ha detto agli avvocati coinvolti nella causa intentata dall’ex governatrice dell’Alaska, che lui formalmente dichiarerà il suo giudizio dopo che la giuria consegnerà il verdetto. Rakoff non ha risparmiato dalle critiche il New York Times, che infatti pubblicò nella sezione delle opinioni del giornale una frase in cui accusava la retorica usata dall’azione politica di Palin come responsabile di aver causato nel 2011 una sparatoria di massa.
“È un esempio di un editoriale molto sciagurato da parte del Times”, ha dichiarato il giudice, aggiungendo di non essere contento di dover prendere la decisione comunque in favore del NYT. Ma, ha aggiunto agli avvocati di entrambe le parti, “il mio lavoro consiste nell’applicare la legge… Questa stabilisce un livello altissimo per l’‘actual malice’ (malizia comprovata) e in questo caso lo standard non è stato raggiunto.”
Il caso aveva infatti destato molta attenzione per le ricadute che avrebbe potuto avere su una sentenza storica della Corte Suprema (1964) riguardo al Primo Emendamento, in cui si fissava per un politico o personaggio pubblico eletto la necessità di dimostrare la malizia per poter portare a processo un giornale per diffamazione.
Quel caso del 1964, in cui era anche implicato il New York Times, stabilì infatti che nessun politico potesse denunciare un giornalista o giornale anche se nell’articolo ci fosse stato una chiara falsità se l’accusa non potesse provare che l’errore fosse avvenuto proprio con l’intento di commetterlo.
Ultimamente, alcuni giudici conservatori della Corte Suprema hanno mostrato l’intenzione di rivedere quel giudizio del 1964, ma fino a quando non ci sarà una nuova sentenza a maggioranza dalla corte più alta degli USA che possa cambiare quel del 1964 per il caso chiamato “Sullivan v. New York Times” resta quasi impossibile per un politico denunciare un giornale.