Quando sui social circolano notizie che riguardano la scienza e, in particolare l’area medico-sanitaria, è difficile stabilire se una notizia è vera o falsa.
L’emergenza pandemica ha mostrato il fenomeno in tutta la sua gravità, in un altalenante ciclo di informazioni, spesso contraddittorie, che hanno pesato enormemente nell’opinione pubblica, generando una pericolosa situazione di infodemia, con una quantità eccessiva di informazioni circolanti che hanno reso difficile alle persone comprendere ciò che stava accadendo e individuare fonti affidabili. Dalla infodemia siamo passati alla psicodemia, con le persone che hanno cominciato ad avere paura, attacchi di panico. Oggi, continua ad essere difficile interpretare le fonti di informazione. Una continua lotta tra “no vax”, “si vax” e “ni vax” che ha rallentato la campagna di vaccinazione e tanti i talk show televisivi in cui si continua a discutere sull’importanza delle vaccinazioni.
Inutile negarlo la disinformazione appare come un prodotto conseguenza diretta dell’affermarsi dell’era della post modernità, costruita sul concetto di società mediatizzata nella quale le post verità prendono il soppravvento, facendo così emergere la mis-information e la dis-information, intesa quest’ultima come l’uso strumentale e manipolatorio delle informazioni per definire una specifica narrazione e visione del mondo.
In un’era in cui la comunicazione social ha preso il sopravvento, spopola la figura dell’Influencer o dello Youtuber.
Gli influencer si chiamano così perché attraverso i loro messaggi, su Instangram o su altre piattaforme social, riescono a convincere con le loro parole, e con una potente capacità comunicativa, tutte le persone che li seguono. Attraverso stories, post e foto, spingono la gente ad assumere determinati comportamenti. In questo ultimo anno in molti hanno attivato campagne sociali ed espresso la loro posizione sui vaccini.
Le fake news sui vaccini, create ad arte e quasi con precisione, non sono mancate. Dopo il caso AstraZeneca, basti pensare alla notizia di un’ambigua agenzia di marketing che ha promesso denaro a influencer tedeschi e francesi per diffondere fake news su Pfizer.
In questi giorni il portale Huffingtonpost ha riportato l’intervista, firmata da Adalgisa Marrocco, del filosofo, scrittore ed esperto di comunicazione e divulgazione Riccardo Dal Ferro che ha dichiarato: “L’influencer non è un condottiero, insegue l’opinione vincente. È una tragedia contemporanea“. E ancora: ″L’influencer va dove tira il vento, è vittima di indagini di mercato approssimative che lo relegano ad essere megafono di chi urla più forte. È quindi a sua volta influenzato da quella mano invisibile chiamata ‘opinione pubblica’: le tendenze, i cosiddetti ‘trend’, le mode. Studia cosa gli conviene esprimere in base a ciò che le ‘analytics’ suggeriscono. Ben lungi dall’influenzare l’altrui opinione, l’influencer finisce per essere il calco del senso comune, dell’opinione vincente, della tendenza più fragorosa”.
La giornalista ha chiesto al filosofo se l’influencer può avere un ruolo fondamentale in quella che è stata battezzata come “disinformation dozen”, ossia quel gruppo di personalità che negli Stati Uniti genera quasi due terzi della disinformazione anti-Vax attraverso Facebook e Twitter e lui ha risposto: “Non la genera: di nuovo, la segue. La voglia di complotto, di cospirazione, di ‘contro-pensiero’ esiste da ben prima degli influencer: il web ha solo amplificato la portata di certi discorsi che esistono da sempre. Ma certamente, l’influencer può essere il megafono di idee storte, sbagliate e prive di fondamento che nuocciono al dibattito pubblico. D’altra parte, dobbiamo anche renderci conto di un fatto: una buona parte delle nostre idee è nata non per ‘influenza’ ma per ‘avversione’. Ne parla lo scrittore Kurt Vonnegut quando inventa la figura del wrang-wrang: qualcuno che vuole convincerti di qualche cosa ma, suscitando il tuo sospetto o la tua antipatia, ti convince involontariamente dell’esatto opposto. Le persone oggi diventano anti-vacciniste non solo perché hanno incontrato l’influencer no-vax, ma perché il giornalista pro-vax ha espresso concetti in modo superficiale o arrogante; finiamo per convertirci a un sistema di valori perché il suo antagonista ci trasmette poca fiducia. Insomma, siamo molto più wrang-wrang che influencer”.
Dal Ferro ha sottolineato come difficilmente troveremo un influencer che non accontenta il suo pubblico, perché teme di perdere i suoi follower su Instagram o i suoi amici su Facebook. Questo ci fa capire quanto tutto diventi contorto e che serve quell’attendibilità che difficilmente internet riesce a soddisfare.
Infine, ha aggiunto che su internet: “Lo scontro violento è la regola perché le conseguenze peggiori sono di essere bloccati sui social; se tu dici qualcosa con cui sono in disaccordo, io lo interpreterò sempre come malignità e le tue intenzioni saranno ovviamente le peggiori immaginabili. Questo non è dibattito. La domanda vera secondo me è: può il web maturare e diventare un luogo di formazione di opinioni e non di mero rimbalzo mediatico isterico? La risposta io non ce l’ho ma col mio lavoro ho scommesso di sì. Spero di essere un cattivo influencer e un buon wrang-wrang”.
Le parole di Dal Ferro ci dicono delle verità molto importanti che io stesso condivido, in relazione alla confusione che gli stessi esperti, pro-vax, hanno generato nelle persone.
In Italia, nella prima fase della pandemia, gli scienziati continuavano a rassicurarci perché tutto era sotto controllo, perché in fondo avevamo a che fare con una semplice influenza o quasi. Poi abbiamo registrato un cambio di rotta. Il mondo stava vivendo qualcosa di molto più serio e che gli scienziati non avevano soluzioni per un’epidemia completamente diversa. Non c’erano risposte, sia in termini curativi e sia di intercettazione del virus, che sarebbe stato – e ancora rimane – necessario stare attenti, visto il numero delle varianti e dei contagi. Il confronto tra gli stessi scienziati è stato altalenante. In alcuni casi imbarazzante. Chi diceva una cosa, chi un’altra. Sono esplosi confronti a distanza che sono sembrati il riflesso non di una diversa valutazione della pandemia, ma di veri e propri scontri all’interno del mondo scientifico. La comunicazione scientifica e quella istituzionale non hanno funzionato. La prima è entrata in crisi, perché la scienza non aveva una soluzione per risolvere una pandemia del tutto sconosciuta. La seconda per la confusione generata dai vari partiti politici, sempre pronti a discutere su ogni provvedimento da prendere. Ecco la crisi dell’autorevolezza degli esperti che unita alle fake news, e alla disinformazione, ha suscitato il panico tra la popolazione. Ad oggi la situazione non è affatto cambiata. Per fare un piccolo esempio concreto la disinformazione sul Green Pass.
Continuo ad avere fiducia nella scienza. Dobbiamo combattere, senza arrenderci, la disinformazione che ha tra i suoi bersagli preferiti proprio la scienza, ma anche l’economia e la politica. Allora, leggiamo e documentiamoci, cerchiamo di comprendere quale notizia sia vera e quale sia falsa. Non si può perdere tempo mettendo, ancora oggi, a rischio la vita della gente. Le discussioni e le bufale non ci servono più, possiamo farcela se facciamo vincere la coscienza, l’etica, la morale e il senso del dovere.