Quando si è difronte ad una gravissima crisi che mette in pericolo la vita dei cittadini – come una guerra, un terremoto… una pandemia! – in una democrazia i giornalisti come dovrebbero comportarsi? Dovrebbero forse “sospendere” il loro ruolo di “cani da caccia” che scovano le malefatte del governo per il bene della democrazia? Dovrebbero rinunciare al loro dovere “inquisitorio”, non porre più le domande, proprio quelle che fanno risaltare certe mancanze e svelano ai cittadini le incompetenze di chi governa?
Queste domande che sembrerebbero banali, di colpo diventano preoccupanti quando notiamo come nei paesi che abbiamo più a cuore, gli Stati Uniti e l’Italia, la libertà di stampa e la funzione dei media in democrazia venga messa in discussione da certi comportamenti di chi ha responsabilità di governo. Anche perché l’opinione pubblica, spaventata dalla pandemia coronavirus, nella sua continua ricerca di essere rassicurata dal governo, sembra condizionata e spinta a sospettare dei giornalisti proprio da coloro che dovrebbero essere l’oggetto naturale delle attenzioni della stampa.
In Italia, nei giorni scorsi si è assistito ad un episodio di eccezionale gravità, che a nostro parere non è stato concluso con una risposta adeguata da parte del governo di Giuseppe Conte. Le autorità della Russia, nella libertà di critica per un servizio del quotidiano “La Stampa” che metteva in cattiva luce l’intervento di Mosca in aiuto dell’Italia – il Cremlino ha mandato un piccolo contingente militare-medico nel Nord Italia ndr – hanno diffuso un comunicato che, a dir poco, nel linguaggio sembrava più un’intimidazione che un boss mafioso invia a chi “sgarra”. La riportiamo qui:
«Per quanto riguarda i rapporti con i reali committenti della russofobia de La Stampa, i quali sono a noi noti, raccomandiamo loro di fare propria un’antica massima: Qui fodit foveam, incidet in eam (Chi scava la fossa, in essa precipita). Per essere più chiari: Bad penny always comes back».
Quanto scritto da qualche funzionario del ministero della Difesa della Russia nei confronti di un giornalista italiano, ha quindi avuto una risposta da parte del governo Conte assolutamente inadeguata. Palazzo Chigi, non firmando di suo ma lasciando la nota alla firma del Ministero della Difesa e della Farnesina, in uno messaggio che celebra per quasi l’intero contenuto gli aiuti russi – per carità evviva – e lasciando solo alla fine, alle ultime righe, quel “tono inopportuno” ai danni della libertà di stampa in Italia, dava una risposta che a noi risulta essere l’equivalente di un buffetto. Come per dire ‘non fatelo più birichini che poi ci costringete a dirvi birichini’.
Ma vale così poco per il governo Conte la difesa della libertà di stampa in democrazia? Anche quando viene intimidita addirittura nel proprio territorio da un governo straniero?
Ma andiamo a quello che ancora di più ci sta avvilendo da settimane qui, negli Stati Uniti, una volta paese ideale per la libertà di stampa grazie al Primo Emendamento della Costituzione e che invece ormai, nelle classifiche internazionali che monitorizzano la salute della libertà d’espressione nel mondo, è precipitato al vergognoso 48 posto!
Sembra che i governanti, e non solo alla Casa Bianca, al tempo dei contagi da covid-19 abbiano aumentato l’allergia alle domande dei giornalisti soprattuto quando questi gli ricordano i ritardi e gli errori con cui hanno affrontato l’inevitabile avvento della pandemia. Siccome saremmo “in guerra”, allora un certo tipo di domande imbarazzanti che spalancano le mancanze passate e mettono sotto pressione chi dovrà ancora prendere decisione future, non si dovrebbero fare. Quando invece è proprio questa la funzione della libera informazione: tenere fermi alle loro responsabilità chi le ha queste responsabilità, così da costringerli alla migliore performance possibile che può arrivare solo quando lo scrutinio del potere è fermo e costante.

Il “comandante supremo” della propaganda anti giornalisti resta il Presidente Donald Trump: durante le sue giornaliere conferenze stampa sull’emergenza coronavirus, i giornalisti vengono chiamati “nasty” (disgustosi), “mean” (cattivi) e divulgatori di “fake news” soprattutto quando alcuni dei nostri colleghi con le loro domande si permettono di chiedere spiegazioni sulle dichiarazioni pronunciate magari il giorno prima proprio da chi il giorno dopo dice il contrario di tutto come se non avesse nulla da giustificare.
Purtroppo ormai è accertato: il covid-19 è un virus pericolosissimo anche per la salute della democrazia è ha collezionato già la sua prima vittima. In Ungheria una settimana fa, in un paese dell’Unione Europea (!!!) il capo del governo Victor Orban ha ottenuto poteri speciali molto simili a quelli che si prese il Presidente del Consiglio Mussolini nel 1924, e che ora ricevono il benvenuto anche da un certo Matteo Salvini (al solo pensiero che potesse esserci il capo della Lega a Palazzo Chigi in questo momento vengono certi brividi da far impallidire quelli da coronavirus).
Infine che il virus anti giornalisti si stia diffondendo più velocemente del covid-19, lo segnala anche un episodio affatto marginale per noi: una deputata della Repubblica italiana che abbiamo spesso applaudito e che stimiamo per la sua dedizione nei confronti delle problematiche degli italiani all’estero, l’On. Fucsia Nissoli, con sorpresa la leggiamo su Formiche mentre attacca il giornalista Alan Friedman per aver osato criticare in una trasmissione tv in Italia il presidente Trump. L’eletta al Parlamento dai cittadini italiani in Nord America, afferma nel suo intervento:
“Come non essere quindi d’accordo con quanto dichiarato dal Presidente Berlusconi che quando si è in guerra – e questa è una guerra globale – si deve sempre e comunque stare al fianco del “comandante in capo” anche e soprattutto quando è stato eletto dai cittadini … cosa che non si può certo dire di un opinionista”.
Democrazia, se il tuo respiro non è stato già abbattuto dal coronavirus, please batti un colpo!
Eppure ci aspettavamo che questa catastrofica performance messa in questi giorni continuamente in mostra dal trumpismo durante la pericolosissima pandemia, con quel suo disprezzo per la competenza ancora una volta spiattellato con arroganza dal marito della figlia del presidente messo a dirigere gli aiuti federali per l’ emergenza, avrebbe finalmente fatto apparire il “re nudo”, svegliando anche chi si era ibernato finora. Niente, neanche un pericolo fatale come la pandemia sembra poter resuscitare il senso critico e di sopravvivenza dei repubblicani.
Eppure, in casi come questo, “l’incompetenza uccide”, aveva avvertito solo poche settimane fa il congressman della California Adam Schiff.
Così siamo giunti al paradosso che proprio coloro che per mestiere hanno il dovere di sbattere in vetrina l’inettitudine di chi governa, e quindi di quanto Trump ormai da bluff sia diventato tragedia, siano accusati di essere il “pericolo” che impedisce di combattere e “vincere” il coronavirus. Ma il vero pericolo per le vite di tutti non viene alzato da coloro che compiono il loro dovere di informare i cittadini, un dovere garantito e protetto dalla costituzione, ma da chi continua ad accettare che si governi la più formidabile democrazia della storia, calpestando i fatti, la scienza e quindi la verità.
AGGIORNAMENTO.
L’On. Fucsia Nissoli ha inviato a La Voce di New York una replica che trovate qui.