Caro Direttore,
Alla fine degli anni cinquanta, un gruppo di Italo/americani, come il signor Giorgio Piscopo; il ragioniere Caiafa; il giornalista Filippo Crisafulli; l'impresario teatrale Erberto Landi; l'attore Sandrino Giglio, padrone anche del cinema Giglio nella Canal Street, e tanti altri, si organizzarono per formare una lega Italo/Americana Calcio. Il primo anno di attività vi parteciparono dieci squadre, e tra queste anche la mia squadra che chiamammo Maiella F.C. in onore della splendida montagna abruzzese di cui quasi tutti noi dirigenti, giocatori e membri del club eravamo originari. La Lega non avendo una sede propria chiese alla redazione del giornale Il Progresso Italo Americano di ospitarci nei loro uffici che erano allora situati nella bassa Manhattan. Grazie all'interessamento del redattore sportivo Giovanni Billi ci fu concesso una stanza che usavamo due tre volte la settimana. Fu così che ebbi il piacere di conoscere quella gentilissima persona che era il conte Billi, e un anno più tardi l'onore di conoscere il grande giornalista italiano Ruggero Orlando, allora corrispondente della Rai qui a New York, nonché redattore capo del giornale stesso.
In una delle tante conversazioni che ebbi con Orlando gli confessai che il mio sogno da bambino era quello di fare il giornalista, un sogno purtroppo mai avveratosi. Gli dissi che mi piaceva soprattutto perché mi dava il diritto di scrivere tutto quello che volevo. Lui mi guardò prima con incredulità e poi mi disse: "No! non è proprio così. E' esattamente in contrario. Tu puoi esprimere liberamente le tue opinioni, noi giornalisti no, perché abbiamo il dovere di attenerci ai fatti e riportarli con onestà ai nostri lettori".
Ho voluto raccontare tutto questo perché penso che ne La Voce Di New York ci sono dei veri giornalisti con un curriculum lungo mezza pagina che purtroppo non si attengono ai fatti ma esprimono le loro opinioni. Caso in questione il giornalista Tony De Santoli che col suo articolo "Pena di morte, vergogna americana" non si attiene ai fatti, ma esprime sue opinioni. Tutti sappiamo che la pena di morte è "un arbitrio, un'indecenza, un qualcosa di selvaggio", ma dovremmo anche sapere che è una legge voluta da una maggioranza di persone che la vuole nel loro Stato. Perché dire che è una vergogna e non rispettare la loro volontà? Si può discutere come viene applicata, ma non la legittimità di un popolo che la vuole come deterrente per i crimini più crudeli che vengono commessi nel loro Stato. E poi perché alle innocenti vittime di questi criminali nessuno ci pensa? Il signor De Santoli dice che a questi criminali gli si deve dare l'opportunità di ravvedimento, ma alle innocenti vittime di questi criminali non gli si doveva dare l'oppurtunita' di vivere? Alle mamme non gli si doveva dare l'opportunità di veder crescere le loro creature? Essere contro la pena di morte, ed io lo sono, è un diritto, dire vergogna ad un popolo che non la pensa allo stesso modo non fa onore.
E poi che dire del giornalista Valter Vecellio che apostrofa in un suo articolo Silvio Berlusconi di "Negazionista" e "stupido" perché, secondo lui, ha dichiarato che il governo tedesco per lungo tempo non riconosceva l'esistenza dei campi di concentramento. Io chiederei a questo signore se ha mai incontrato un superstite di quel immane eccidio, perché se l'avesse incontrato gli avrebbe detto la stessa cosa.
Donato D'Orazio, Brooklyn, NY ten.enilnotpo @4rodledanod
Caro Signor D'Orazio,
Ruggero Orlando, grandissimo e indimenticabile corrispondente della Rai da New York, intendeva dire che il giornalista che si accinge a scrivere la cronaca di un evento deve solo raccontare la notizia, lasciando da parte la sua opinione e attenendosi solo ai fatti. Ma ai nostri "columnist", come sono anche i giornalisti Toni De Santoli e Valter Vecellio, La VOCE chiede proprio di esprimere chiare le loro opinioni. Poi si può essere in totale disaccordo con loro, ma non possiamo aspettarci che ci raccontino fatti senza opinioni. SV