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Chris Christie e il ponte sul fiume “guai”

Marcello CristobyMarcello Cristo
Una carrellata delle reazioni di giornali americani sia su carta che on line allo scandalo che ha colpito il governatore del New Jersey

Una carrellata delle reazioni di giornali americani sia su carta che on line allo scandalo che ha colpito il governatore del New Jersey

Time: 4 mins read

 

Dopo quello che é accaduto la settimana scorsa nello stato americano del New Jersey gli italiani interessati a ció che accade Oltreatlantico hanno potuto rallegrarsi di fronte al fatto che la tendenza quasi innata all'inettitudine e alla stupiditá non sono, dopo tutto, prerogative esclusive della classe politica del Belpaese.

Se c'é una cosa che colpisce del cosidetto scandalo “Bridgegate” che ha messo nei guai l'amministrazione del governatore (e astro nascente del partito repubblicano) Chris Christie, é proprio l'arroganza idiota e gratuita di un gesto che, prima o poi, era chiaramente destinato a venire alla luce e a ritorcersi contro i suoi responsabili.

Ma facciamo un passo indietro per spiegare l'accaduto.

La cittá di New York é separata dallo stato del New Jersey dal fiume Hudson e uno dei principali viadotti di collegamento tra le due rive é il gigantesco George Washington Bridge, uno dei ponti piú trafficati d'America. Ogni giorno, migliaia di pendolari si mettono in auto per recarsi al lavoro a Manhattan dalle cittadine residenziali che punteggiano la sponda fluviale del New Jersey.

Tra queste cittadine, Fort Lee sorge proprio al punto di accesso del ponte e lo scorso settembre, per ben quattro giorni di seguito, le rampe di ingresso si sono improvvisamnte e inspiegabilmente trasformate in un mega-ingorgo automobilistico dalle dimensioni apocalittiche che ha bloccato non solo il GW Bridge ma l'intera cittadina.

L'intasamento é stato inizialmente spiegato dall'agenzia statale che gestisce il ponte con la chiusura intenzionale di alcune corsíe attuata per studiare i flussi del traffico automobilistico tra New York e Fort Lee. Una storia che, vista la mancanza di preavviso al pubblico e il fatto che alla fine non ne sia scaturito alcuno studio, non ha convinto quasi nessuno.

Incalzato da una stampa locale incuriosita dalla stranezza dell'accaduto, il governatore del New Jersey, Chris Christie (che a dispetto del nome, é italiano da parte di madre) ha inizialmente ironizzato sui fatti minimizzandone la gravitá e dichiarandosi totalmente all'oscuro dei fatti. Purtroppo per lui, qualche giorno fa, la stampa locale ha ottenuto messaggi di posta elettronica scambiati tra membri dell'amministrazione molto vicini a Christie che hanno mostrato che l'incidente é stato un atto intenzionale di rappresaglia politica contro il sindaco democratico di Fort Lee, Mark Sokolich, colpevole, agli occhi della stessa amministrazione, di non aver sostenuto Christie nella sua recente campagna di rielezione dello scorso novembre.

A parte l'enorme disagio causato a migliaia di automobilisti, il mega-ingorgo ha costituito anche una gravissima minaccia alla sicurezza pubblica perché assieme ai pendolari cha hanno fatto tardi al lavoro, a finire bloccati sul ponte sono stati anche mezzi di soccorso e di emergenza, una situazione che potrebbe avere ripercussioni penali.

Di fronte a questa situazione, Christie si é affrettato a convocare una conferenza stampa nel corso della quale, si é affidato alla piú collaudata tra le arti della politica americana: il mea culpa; la pubblica prostrazione con le canoniche dichiarazioni del “suo piú sentito e sincero pentimento”. 

https://youtube.com/watch?v=WUKZCOXPt_I

La responsabilitá sull'accaduto che il governatore non ha esitato ad assumersi tuttavia, é restata solo indiretta nel senso che Christie ha scaricato tutte le colpe sui suoi subalterni, prontamente licenziati e dichiarandosi, ancora una volta, all'oscuro di tutto.

Per quanto cinica e ipocrita, questa strategia non ha sorpreso piú di tanto gli osservatori politici dal momento che Chris Christie é una delle promesse della corrente “moderata” del Partito Repubblicano per le elezioni presidenziali del 2016. Un conservatore in grado di raccogliere consensi quasi plebliscitari in uno stato democratico come il New Jersey e una possibile alternativa al radicalismo ideologico del Tea Party che caratterizza l'anima attuale del GOP.

Chris Christie é riuscito finora a contenere i danni solo perché non é ancora emersa alcuna evidenza sul fatto che il governatore fosse direttamante al corrente delle subdole intenzioni dei sui luogotenenti. 

E' legittimo aspettarsi che un leader politico dalle enormi responsabilitá esecutive sia al corrente, e perció responsabile, di tutto ció che accade nei ranghi del suo governo? Probabilmente no. Ma é legittimo attendersi che almeno sia a conoscenza delle attivitá dei suoi immediati subalterni; di quel circolo ristretto di collaboratori a lui piú vicini. L'immagine pubblica di Christie che emerge da questo incidente é inevitabilmente compromessa. Se prove piú concrete di un suo coinvolgimento diretto dovessero venire alla luce, il governatore, che ha costruito il suo successo e la sua popolaritá grazie ad una personalitá brusca e tracotante ma anche schietta e diretta che piace alla gente, rischierebbe di apparire come un bullo che non esita a travolgere e punire i suoi avversari per ripicche meschine anche a costo di calpestare i diritti della gente del New Jersey. A rendere piú reale questa percezione, c'é proprio il fatto che Christie si é presentato sin dall'inizio come un personaggio arrogante che non esita a farsi largo a gomitate e che proprio questo atteggiamento di fondo abbia costituito il sostrato culturale che ha implicitamente consentito ai suoi collaboratori di abusare dei propri poteri. 

Ad uscirne bene invece, é ancora una volta la stampa americana la cui curiositá investigativa é aumentata proporzionalmente alle ambizioni politiche di Christie. Negli Usa, chi aspira a cariche pubbliche si aspetta un estremo livello di scrutinio da parte dei media, al contrario di quanto avviene in Italia dove piú importanti le cariche politiche, maggiore é la deferenza servile dei cosidetti “guardiani della democrazia”.

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Marcello Cristo

Marcello Cristo

Sono nato e cresciuto a Napoli dove, nella tradizione magno-greca della mia città, mi sono laureato in Filosofia. Vivo negli Stati Uniti con la mia famiglia da oltre vent'anni facendo la spola tra New York e la California. Dall’America, ho iniziato a collaborare con pubblicazioni italiane come Il Giornale di Indro Montanelli e La Gazzetta dello Sport di Candido Cannavò e poi con il quotidiano in lingua italiana degli Stati Uniti America Oggi per il quale ho lavorato come editor, opinionista e corrispondente dalla California. Nei ritagli di tempo, sto tentando disperatamente di insegnare ai miei figli il napoletano.

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