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June 13, 2010
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June 13, 2010
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VISTI DA NEW YORK / Bavagli e lacrime di coccodrillo

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 4 mins read
 

 

La domanda che dobbiamo porci dopo il passaggio della legge "bavaglio" al Senato, non è perché Berlusconi la voglia, ma perché sia così convinto che possa farcela senza danneggiare la sua popolarità. Da premier Berlusconi non ha mai fatto nulla contro la pancia degli italiani, quella più grassa, cioè la maggioranza. Allora, forza, rispondiamo alla domanda: perché in Italia si può oggi, nel 2010, proporre e far approvare, anche con la fiducia, una legge così liberticida nei confronti della stampa, della cosidetta "libera" informazione?

 In Italia si può assaltare l’informazione cosidetta "pluralista" avendo ormai da tempo gli italiani constatato che l’informazione indipendente non esiste nel loro paese. Giustamente,  in Italia nessuno crede che l’informazione goda di alcuna libertà, non perché questa gli sia stata tolta, ma perché le manca di suo. Cioè alla stragrande maggioranza dei giornalisti italiani che ora tanto si agitano per le leggi di Berlusconi, manca quella indipendenza e quel senso etico della professione giornalistica prerequisito per il corretto esercizio di quella libertà che adesso vorrebbero che i cittadini difendessero.

 Gli italiani saranno faziosi ma non sono fessi. Se Berlusconi può far indisturbato quello che fa contro la stampa, è perché gli italiani non hanno alcuna fiducia in questa, nelle sue capacità di attenersi al ruolo corretto che dovrebbe avere in una democrazia normale. La stampa italiana ha deciso da tempo di essere parte della lotta politica. Non è "guardiano" o "arbitro" del potere, ma un attivo "partito militante", che cerca di far vincere una parte dei duellanti politici, possano questi essere la Dc o il Pci di una volta, o il Pdl o Pd dei tempi nostri. Informazione pluralista in Italia significa questo: dare a tutti l’opportunità di poter "condizionare" l’informazione, di farla gareggiare contro l’altra nell’essere partigiana e faziosa. Queste varie parti in competizione per il potere una volta si appoggiavano per ragioni  "ideologiche", oggi soprattutto per interessi economici. Gli editori che entrano nel business non sono editori "puri", non stampano giornali o aprono studi televisivi per guadagnare con l’editoria. Lo fanno perché per il loro "core business", hanno bisogno di ingaggiare il sempre pronto giornalismo militante italiano ad essere al servizio di un padrone, soprattutto se paga bene. Ecco allora che Berlusconi ha potuto fare quello che sarebbe impossibile in qualsiasi altreo paese democratico avanzato: fare una legge che mette il bavaglio alla stampa. Perché lui è al potere con la maggioranza degli italiani. E questi sanno che così il danno alla loro informazione "di parte" sarà meno grave che il danno all’informazione del "nemico". Loro al potere già ci stanno e quindi, chissenefrega!

 Per questo, da New York, questo gridare allo scandalo, queste pagine bianche o listate a lutto, ci fanno sorridere. La stampa italiana, per poter essere credibile nella sua protesta contro "il despota", prima deve fare una "rivoluzione" interna. Con le sue contraddizioni e ipocrisie, il giornalismo militante italiano ha creato le condizioni per lo scatenamento del mostro Berlusconi. Ora egli può fagocitare tutti perché non c’è alcuna informazione indipendente che il popolo italiano debba poter difendere.

 Scusate, forse Prodi non sceglieva il suo direttore del Tg1? E quel governo di centrosinistra non aveva cercato di far passare una proposta in cui si metteva il bavaglio addirittura all’internet?

 Che fare allora? Lasciare che Berlusconi tolga ogni ipocrisia e instauri il totale controllo sull’informazione come ai tempi di Mussolini? Non potrà più farlo, per fortuna c’è internet. E ci siamo anche noi italiani all’estero, con questo giornale e con appunto il web, saremo prontissimi a far leggere agli italiani che lo vorranno tutto quello che le leggi volute dal "padrone" impediscono di pubblicare in Italia.

 Chiudiamo con tre citazioni di Thomas Jefferson, colui che più di chiunque tra i padri fondatori degli Stati Uniti, volle innestare nella Costituzione americana il "First Amendment", che in materia di libertà di espressione e di stampa, dopo oltre 200 anni,  fa degli Stati Uniti ancora il paese guida per tutte le altre democrazie:

 "A despotic government always keeps a kind of standing army of news writers who, without any regard to truth or to what should be like truth, [invent] and put into the papers whatever might serve the ministers. This suffices with the mass of the people who have no means of distinguishing the false from the true paragraphs of a newspaper." -Thomas Jefferson, Oct. 13, 1785.

 "Our liberty cannot be guarded but by the freedom of the press, nor that be limited without danger of losing it." -Thomas Jefferson to John Jay, 1786.

 "The basis of our governments being the opinion of the people, the very first object should be to keep that right; and were it left to me to decide whether we should have a government without newspapers or newspapers without a government, I should not hesitate a moment to prefer the latter…." -Thomas Jefferson to Edward Carrington, 1787.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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