La Florida si prepara ad approvare una legge che consentirebbe agli enti locali di investire liberamente nei titoli di Stato israeliani, anche se ritenuti sempre più instabili sul piano finanziario. Il governatore Ron DeSantis è pronto a firmare il provvedimento, già passato senza opposizione in parlamento, che renderebbe Israele l’unico Paese straniero a beneficiare di una corsia preferenziale sugli investimenti pubblici locali.
A spingere per questa mossa è Palm Beach, la contea più ricca dello Stato e quartier generale invernale di Donald Trump. Qui, da anni, il tesoriere Joseph Abruzzo ha trasformato il sostegno economico a Israele in una vera missione personale. In appena due anni, ha moltiplicato per oltre dieci volte la quota di fondi pubblici destinata ai bond israeliani: oggi supera i 700 milioni di dollari, più di qualsiasi altro governo locale al mondo.
La legge nasce, di fatto, per mettere al riparo queste operazioni da possibili critiche o stop legali. Il problema? Israele è stato recentemente declassato dalle principali agenzie di rating, che hanno segnalato un aumento del rischio di insolvenza a causa della guerra in corso con Hamas e delle tensioni interne. In base alle regole vigenti, Palm Beach (e altre contee) non potrebbero più acquistare quei titoli. Con la nuova norma, il problema sparisce.
Abruzzo ha definito il provvedimento “un atto di amicizia verso il nostro più grande alleato”. E se inizialmente aveva ammesso che si trattava di un gesto politico, oggi preferisce parlare di “scelta strategica”. Ma dietro l’iniziativa c’è anche la mano di Israel Bonds, l’organizzazione governativa israeliana che si occupa di vendere questi titoli in America. Secondo un’inchiesta giornalistica, il gruppo organizza viaggi, eventi e pressioni su politici locali per incentivare le sottoscrizioni.
Non tutti, però, applaudono. Un gruppo di residenti ha denunciato Palm Beach in tribunale, sostenendo che l’operazione viola le leggi statali che vietano l’uso di fondi pubblici per fini ideologici. La causa è stata archiviata per vizi formali, ma gli avvocati sono pronti a ripresentarla in autunno. E la tensione cresce: alcuni dei querelanti sono cittadini americani di origine palestinese che hanno perso familiari nei bombardamenti su Gaza.
Intanto, anche altri Stati si stanno muovendo: Arkansas, Ohio e New York hanno incrementato i propri investimenti in Israele dopo il 7 ottobre. Ma nessuno ha toccato i livelli di Palm Beach. E la legge della Florida potrebbe diventare un modello da imitare, spalancando la porta a nuovi afflussi di denaro pubblico in una zona di guerra, senza troppe garanzie.
Come ha detto un esperto della University of Chicago: “Non è mai successo che un governo locale si spinga così avanti nel sostenere un Paese straniero in guerra, rischiando i risparmi dei propri cittadini in nome di un’alleanza politica”.