La controversa politica commerciale di Donald Trump ha innescato un vero e proprio terremoto giudiziario. Due sentenze in poche ore, in contrasto tra loro, hanno creato un quadro di totale incertezza sulla legittimità dei dazi imposti dalla Casa Bianca. Per ora, le decisioni dei tribunali si sono neutralizzate a vicenda, portando a una pausa tecnica di due settimane, un intervallo in cui la l’Amministrazione Trump e i tribunali dovranno cercare di sbrogliare l’intricata questione legale.
Mercoledì sera, la Court of International Trade (CIT)aveva ordinato la sospensione temporanea della maggior parte dei dazi imposti da Trump. Un colpo significativo alla strategia economica del presidente.
Giovedì mattina, la Corte d’Appello federale ha accolto il ricorso d’urgenza della Casa Bianca, congelando la sentenza della CIT. “La decisione è sospesa fino a nuovo avviso,” si legge nel dispositivo della Corte, che ha anche fissato un calendario per la presentazione delle memorie legali fino al 9 giugno. Solo allora si deciderà se confermare o annullare la sospensione dei dazi.
Pochi minuti prima dell’intervento della Corte d’Appello, però, un secondo colpo è arrivato da Washington: il giudice Rudolph Contreras, del Secondo Circuito, ha stabilito che la legge alla base dell’azione tariffaria di Trump, l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), non conferisce al presidente il potere di imporre o modificare unilateralmente i dazi per scopi economici generali.
“Il presidente non può usare l’IEEPA per riorganizzare l’economia globale,” ha scritto il giudice in una dettagliata ordinanza di 33 pagine. “I dazi imposti ai sensi di questa legge sono illegali.”
Pur dichiarandone l’illegalità, il giudice Contreras ha deciso di rinviare l’implementazione della sentenza di due settimane, per concedere tempo all’Amministrazione di preparare un ricorso. Una misura precauzionale che, di fatto, allinea la sua decisione con quella della Corte d’Appello: una sospensione temporanea in attesa del confronto legale.
Il caso era stato sollevato da due piccole aziende americane, Learning Resources e Hand2Mind, entrambe operanti nel settore dei giocattoli educativi. Le società importano prodotti da Paesi asiatici come Cina, Taiwan, Corea del Sud, Vietnam, Thailandia e India. Nel ricorso, sostengono che il presidente non ha ricevuto alcuna autorizzazione esplicita dal Congresso per imporre i dazi e che le tariffe hanno causato alle loro aziende gravi danni economici.
Dopo le sentenze, la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha dichiarato che la questione tariffaria non dovrebbe essere di competenza giudiziaria. “La motivazione del presidente per l’imposizione dei dazi è giuridicamente solida e basata sul buon senso”.
Nel frattempo, l’Amministrazione Trump ha promesso battaglia. “Useremo tutti gli strumenti legali a nostra disposizione,” è il messaggio trapelato, con accuse ai magistrati di eccesso di potere.
I consiglieri economici Kevin Hassett e Peter Navarro hanno minimizzato l’impatto delle sentenze, ma il nervosismo è palpabile. Le dichiarazioni ufficiali suggeriscono che la Casa Bianca sta cercando il sostegno dei leader repubblicani al Congresso per approvare una legge specifica sui dazi, in modo da consolidare giuridicamente le azioni presidenziali.
Il cuore del dibattito è l’ambiguità legale del quadro normativo vigente. La legge del 1974 sul commercio estero (Trade Act), spesso invocata dall’Amministrazione, consente al presidente di agire in caso di emergenze economiche. Tuttavia, la norma prevede anche che sia il Congresso a intervenire per confermare o regolare l’uso prolungato di tali poteri.
Nel caos giudiziario attuale, si fa strada l’ipotesi di una iniziativa legislativa repubblicana per dare una base più solida all’azione tariffaria di Trump. Ma anche su questo fronte il consenso è tutt’altro che unanime: alcuni esponenti del partito temono le ripercussioni economiche sui consumatori e sulle imprese, già colpiti dai costi crescenti delle importazioni.
In attesa che i tribunali si pronuncino definitivamente, la situazione resta sospesa. Le borse internazionali osservano con preoccupazione, così come i partner commerciali degli Stati Uniti, molti dei quali già colpiti dai dazi e in attesa di contromisure.
Per le aziende americane, soprattutto quelle piccole e medie, il clima di incertezza è pesante. La possibilità che i dazi vengano confermati, sospesi o radicalmente modificati in base a sentenze contrastanti rende difficile pianificare importazioni, investimenti e strategie di prezzo.
La battaglia legale in corso mostra quanto il potere tariffario sia oggi uno strumento politico fragile, sospeso tra interpretazioni giuridiche contrastanti e una base legislativa incerta. La Casa Bianca insiste sulla legittimità dell’azione presidenziale, ma i tribunali chiedono limiti e chiarimenti.
In questo scenario caotico, le prossime settimane saranno decisive: il 9 giugno scadranno i termini per le memorie legali e inizierà il vero scontro giuridico. A quel punto, si capirà se Trump potrà continuare a usare i dazi come leva di politica economica – oppure se sarà costretto a cercare l’approvazione del Congresso, aprendo così un nuovo fronte politico oltre che legale.