Donald Trump, martedì scorso, ha annunciato la volontà di stanziare 25 miliardi per la costruzione del Golden Dome, un progetto militare dai costi immensi. Attualmente le cifre sono lontane dall’essere esatte, ma potrebbero superare i 500 miliardi di dollari. La cosiddetta “cupola d’oro” è un sistema di difesa che sarebbe in grado di intercettare eventuali attacchi missilistici in tutte e quattro le fasi principali: individuarli e distruggerli prima del lancio, durante le fasi iniziali del volo, a metà percorso e negli ultimi minuti prima dell’atterraggio. Così viene propagandato. Stando invece a quanto scrive l’Economist è impossibile pensare a un sistema di difesa che dia protezione totale al suolo statunitense: alcuni missili balistici intercontinentali (ICBM) russi e cinesi sarebbero comunque in grado di forare la protezione dello scudo.
Il sistema, in ogni caso, è progettato per essere in grado di aumentare notevolmente le difese da attacchi provenienti dallo spazio, un messaggio indiretto ai nemici di Washington. Interrogata sul punto, la portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha già esortato ad “abbandonare il sistema globale di difesa missilistico il prima possibile”.

Le difficoltà della sua realizzazione sono però dietro l’angolo. Prima fra tutte le tempistiche, nonostante Trump prometta che il progetto sia portato a termine “entro la fine del mio mandato”, come ha affermato all’accademia militare di West Point. A parte per la conferma di voler “lasciare l’incarico” – fino a meno di un mese fa quest’ultimo era ancora un dettaglio non scontato –, Trump afferma indirettamente che il Golden Dome sarà pronto entro circa tre anni, tempistiche che per molti sono impensabili.
La novità riguarda soprattutto il Canada. Trump nella sua volontà di costruire lo scudo missilistico ha infatti evitato di considerare una questione cruciale: non è possibile farlo senza il consenso del vicino settentrionale. Glen VanHerck, generale dell’Aeronautica in pensione e fino a un anno fa a capo dello U.S. Northern Command, ha spiegato: “Se riusciamo a posizionare, o il Canada posiziona, i radar over-the-horizon più a Nord nell’Artico, questo aumenta drasticamente la capacità degli Stati Uniti e del Canada di vedere oltre il polo, in Russia, in Cina e in altri luoghi”. Una questione che rende Ottawa fondamentale per la costruzione del Golden Dome.
Canada e Stati Uniti collaborano già in un sistema molto avanzato di difesa dello spazio aereo, il NORAD (North American Aerospace Defense Command). Tuttavia, dopo gli attacchi di Trump al vicino, la possibilità che i due Paesi approfondiscano i legami strategici per la costruzione del Golden Dome risulta difficile.
Mark Carney, neo primo ministro canadese, ha vinto le elezioni con una clamorosa risalita guidata proprio dalla paura dei canadesi verso le dichiarazioni di Trump. Il presidente americano, a marzo, aveva candidamente affermato: il “Canada starebbe meglio con gli Stati Uniti […]”, “l’unica cosa sensata è che diventi il 51º Stato americano”. “Trump ha tradito il Canada”, è stata la risposta di Carney. Ad oggi è difficile immaginare che i due possano mettersi d’accordo.