Nella considerazione, sia essa positiva o negativa, dell’operato dell’inquilino della Casa Bianca molto spesso gli indicatori economici giocano un ruolo centrale. “It’s the economy, stupid” recita il famoso motto dello stratega James Carville che guidò la campagna elettorale (vittoriosa) di Bill Clinton alle presidenziali del ’92. Una frase divenuta un mantra della politica americana, criticata, valutata, ponderata, ma sicuramente in parte veritiera.
Pur essendo l’economia più grande al mondo – 27 trilioni nel 2023 contro i 17 della Cina, che ha circa il quadruplo della popolazione, è dai temi economici che dipendono buona parte dei destini politici dei propri presidenti. E, secondo un recente sondaggio della Marquette University Law School, l’operato di Trump in materia non starebbe convincendo i cittadini: il 42% dice di approvarne la gestione economica, il 58% è di parere opposto. Un differenziale di 16 punti percentuali non indifferente per il presidente che a novembre scorso otteneva la vittoria con il 49,80% del voto popolare. Leggermente migliori, anche se negativi, i risultati sulla valutazione complessiva della sua presidenza: il 54% disapprova il suo operato, il 46% è invece favorevole.
A pesare in modo negativo sono prevalentemente la politica sui dazi e la gestione dell’inflazione e del costo della vita; sul primo punto ad approvare l’operato di Trump è solo il 37%, contro il 63%, sul secondo si esprime favorevolmente il 34% contro il 66% che ha parere negativo. Ad approvare la politica estera è invece il 43%, il 57% è contrario; sulla guerra russo-ucraina la percentuale di chi si dice soddisfatto scende invece al 40%. I due punti su cui Trump ottiene un giudizio migliore sono la sicurezza dei confini – approvata dal 56% – e l’immigrazione, su cui il campione si divide: 50% favorevole e 50% contrario. Inoltre, ad essere negative sono le aspettative sull’inflazione: il 63% pensa che sia destinata a crescere, il 20% a decrescere e il 17% a rimanere invariata.
È interessante anche la gerarchia delle priorità politiche degli elettori: al primo posto inflazione e costo della vita (36%), segue la “minaccia alla democrazia” considerata prioritaria dal 19% del campione, l’economia è indicato al primo posto dal 13%; significativo anche il risultato della politica estera, che viene definita l’aspetto più importante solo dal 2% degli intervistati.
Seppur non in modo schiacciante, i dati che emergono sono nel complesso negativi ed evidenziano le difficoltà del neopresidente. Soprattutto in una fase in cui dovrebbe volare sull’entusiasmo della vittoria: i dati economici e le guerre ancora irrisolte, stante l’attenzione rivolta da Trump proprio su questi due punti, gravano il giudizio, e la credibilità, della sua seconda esperienza presidenziale.