Ancora un lunedì da profondo rosso a Wall Street. Intorno alla chiusura, il Dow Jones cede circa 1.200 punti con un calo del 3%. Simile (-3,1%) la flessione dello S&P 500, l’indice che comprende le 500 aziende a maggiore capitalizzazione della borsa USA. Giù di oltre tre punti percentuali (3,4%) anche il Nasdaq, zavorrato dal crollo dei titoli tecnologici.
Il colpo di grazia è arrivato nel primo pomeriggio con un post su Truth Social in cui Donald Trump ha definito il governatore della Fed, Jerome Powell, “Mr. Too Late” e “a major loser”, un “gran perdente” che, se non agirà subito sui tassi, rischia di trascinare l’economia in recessione.
“Molti chiedono tagli preventivi ai tassi di interesse”, ha scritto il presidente degli Stati Uniti su Truth Social, sostenendo nel Paese “non c’è praticamente inflazione” e che i costi dell’energia e della “maggior parte delle altre cose” sono in calo.
“Con questi costi che tendono così piacevolmente al ribasso, proprio come avevo previsto, non ci può essere quasi inflazione, ma ci può essere un RALLENTAMENTO dell’economia a meno che Mr. Ritardatario, un grande perdente, non abbassi i tassi di interesse, ORA”, ha scritto Trump.
Lo scorso fine settimana, l’inquilino della Casa Bianca aveva ventilato l’ipotesi di un allontanamento del numero uno della banca centrale, il cui mandato scade a maggio del 2026. Ipotesi che lunedì è stata confermata come “oggetto di studio” dal consigliere economico della Casa Bianca, Kevin Hassett.
La reazione dei mercati è stata fulminea: le vendite si sono intensificate e il dollaro ha toccato i minimi da tre anni, con l’indice ICE – che misura la forza del biglietto verde rispetto a un paniere di sei valute principali – sceso fino a 97,92, il livello più basso dal marzo 2022.
Il clima d’incertezza conferma la transizione degli investitori verso i beni sicuri: l’oro ha sfondato quota 3.400 dollari l’oncia, nuovo massimo storico. In crescita anche i rendimenti dei Treasury statunitensi a 10 anni, saliti a quota 4,398%.
A trascinare in fondo i listini contribuisce il flop di Tesla, che lascia sul terreno il 7% anche a causa dei timori sulle ripercussioni dei dazi sulla catena di approvvigionamento dell’azienda guidata da Elon Musk. Male anche Nvidia (-6%) e Amazon (-4%), oltre a Meta, in ribasso di circa il 3%. Caterpillar, considerato dagli analisti finanziari come un barometro della salute dell’economia industriale americana, perde anch’essa il 3%.
A pesare sul sentiment anche l’impasse sui negoziati commerciali con la Cina, finita al centro di una guerra commerciale con l’amministrazione Trump che l’ha bersagliata con dazi del 145%. La Repubblica Popolare ha risposto applicando a sua volta una tariffa del 125% su tutti i beni importati dagli USA.
Negli scorsi giorni Trump si era detto fiducioso sulla possibilità di raggiungere presto un accordo, ma da Pechino lunedì è arrivato invece un monito esplicito agli altri Paesi affinché non siglino intese con Washington che possano danneggiare gli interessi cinesi.
“La Cina si oppone fermamente a qualsiasi parte che raggiunga un accordo a scapito degli interessi della Cina”, ha dichiarato lunedì il Ministero del Commercio, aggiungendo che risponderà “risolutamente” con contromisure reciproche qualora ciò succedesse. “Se il commercio internazionale regredisce alla legge della giungla, in cui il forte preda il debole, tutti i Paesi finiranno per essere vittime”.
Dal 2 aprile — il cosiddetto “Giorno della Liberazione” in cui Trump ha annunciato dazi tra il 10 e il 49% contro gran parte dei suoi partner commerciali per compensare un deficit monstre (salvo poi fare un passo indietro e applicare temporaneamente una tariffa unica globale del 10% ad eccezione della Cina) — lo S&P 500 ha complessivamente perso oltre l’8%, il Nasdaq quasi il 10% e il Dow il 9%.