Donald Trump ha approvato una pausa di 90 giorni per l’entrata in vigore dei dazi verso i principali partner commerciali degli Stati Uniti ad eccezione della Cina – nei confronti della quale le tariffe aumenteranno al 145%.
L’annuncio è arrivato mercoledì pomeriggio con un post a sorpresa sul profilo ufficiale del presidente USA su Truth Social. Poco prima, in un altro post, il presidente aveva esortato gli investitori a “comprare” aggiungendo le sue iniziali – DJT – che sono anche il codice della sua società quotata in borsa, la Trump Media & Technology Group Corp.
La Casa Bianca ha chiarito che per i prossimi tre mesi verrà applicata una tariffa provvisoria del 10% a quasi tutte le nazioni, compresa una sessantina di Paesi definiti “i peggiori trasgressori” (compresa l’UE) a cui erano state inizialmente riservate tariffe più alte.
“Ho pensato che le persone stessero esagerando un po’”, ha detto brevemente Trump ai giornalisti alla Casa Bianca mentre ospitava una delegazione di piloti della NASCAR. “Nessun altro presidente avrebbe fatto quello che ho fatto io. Nessun altro presidente”, ha detto. “E andava fatto”.
Lo stop temporaneo ai dazi globali arriva sulla scia delle pressioni da parte di numerosi imprenditori e investitori. Negli ultimi cinque giorni sono stati, l’S&P 500 – che comprende le 500 società di Wall Street a maggiore capitalizzazione – ha perso circa 5.830 miliardi di dollari di valore di mercato.
Appena dopo il passo di indietro di Trump, la paura degli investitori ha invece lasciato il posto all’euforia: alla chiusura, il Dow Jones Industrial Average è salito di 2.963 punti, pari al 7,87%, mentre l’S&P 500 è incrementato del 9,52% e il Nasdaq Composite del 12,16%. L’S&P 500 ha registrato il suo giorno migliore dall’ottobre 2008, il Nasdaq il migliore dal gennaio 2001 e il Dow la performance più solida degli ultimi cinque anni. Anche i prezzi delle materie prime sono rimbalzati, con il greggio WTI statunitense che ha superato i 61 dollari al barile.
Giovedì però, la Borsa di New York ha di nuovo dato segni di estrema volatilità chiudendo in calo: il Dow Jones ha perso il 2,50% a 39.593,44 punti, il Nasdaq il 4,31% a 16.387,31 punti mentre lo S&P 500 ha lasciato sul terreno il 3,46% a 5.267,91 punti. Preoccupa infatti il braccio di ferro con la Cina, che ha annunciato in rappresaglia tariffe per ora fino al 125%.
Parlando con i giornalisti alla Casa Bianca, il segretario al Tesoro Scott Bessent ha spiegato che gli Stati Uniti intavoleranno “trattative separate e su misura” con ciascuno dei partner commerciali. “Questa è sempre stata la sua strategia”, ha detto Bessent, secondo cui Trump potrebbe aver deliberatamente voluto “spingere la Cina in una cattiva posizione”.
“Il Presidente Trump ha creato per sé la massima leva negoziale”, ha detto Bessent. “Siamo stati sopraffatti dalla risposta dei nostri alleati, che vogliono venire a negoziare in buona fede. Quindi ci aspettiamo che vengano con il loro miglior accordo”.
Nello stesso post su Truth, Trump ha contestualmente annunciato che i dazi nei confronti delle importazioni cinesi sarebbero saliti con effetto immediato al 125% a causa di quella che il presidente statunitense ha definito “una totale mancanza di rispetto verso i mercati mondiali” da parte di Pechino. In seguito, le tariffe contro Pechino sono state portate al 145%.
“A un certo punto, si spera nel prossimo futuro, la Cina si renderà conto che i giorni in cui ha fregato gli Stati Uniti e altri Paesi non sono più sostenibili o accettabili”, aveva scritto Trump.
La mossa è solo l’ultimo capitolo di un’escalation commerciale che ha visto un drammatico botta e risposta tra Washington e Pechino. Dopo l’annuncio della scorsa settimana di dazi del 34% sull’import cinese, il Dragone aveva reagito imponendo una percentuale speculare alle importazioni statunitensi. Mercoledì Washington ha a sua volta aumentato le tariffe del 50%, portandole complessivamente al 104%, e qualche ora dopo il ministero delle Finanze cinesi ha annunciato dazi dell’84% su tutte le merci statunitensi.

Sempre mercoledì, l’Unione Europea aveva dato il via libera definitivo alla sua prima lista di contro-dazi sulle importazioni statunitensi. Le misure, approvate da 26 Paesi membri su 27 (unico voto contrario quello dell’Ungheria del premier Viktor Orban) menzionavano una lunga serie di beni made in USA per un valore stimato di 22 miliardi di euro – oltre la metà dei quali (13,5 miliardi) prodotti negli Stati controllati dai repubblicani, secondo un’analisi di Politico.
I primi dazi – con aliquote al 10 e 25% – sarebbero dovuti scattare alla mezzanotte del 15 aprile su beni alimentari come i mirtilli rossi e il succo d’arancia, già finiti nel mirino dell’UE nel 2018 durante la prima amministrazione Trump e poi rimossi nel 2021 con Biden.
La seconda tranche, prevista per il 16 maggio, avrebbe introdotto invece dazi del 25% su una serie di prodotti tra cui acciaio, carne, cioccolato bianco e polietilene. Il 1° dicembre, infine, sarebbe stata applicata una tassa analoga sulle importazioni di mandorle e soia.
A venire colpito sarebbe stato soprattutto il settore agricolo, in special modo il mercato della soia, che rappresenta una fetta significativa delle esportazioni USA verso l’Europa insieme a mais e riso. La lista messa a punto dall’esecutivo eurounionale menzionava anche la carne bovina (che arriva soprattutto da Kansas e Nebraska), il pollame (Louisiana), nonché pezzi di ricambio per automobili (in gran parte provenienti dal Michigan), lavatrici (prodotte soprattutto in Wisconsin), tabacco (Florida), e prodotti di consumo quotidiano come caffè, fazzoletti di carta (Carolina del Sud) e gelati (Arizona).
Tassati anche settori di nicchia come quello dei prodotti tessili e delle coperture elettriche – accomunati dal denominatore comune di essere concentrati negli Stati “rossi” che lo scorso novembre hanno permesso il ritorno alla Casa Bianca di Trump.
Su pressione di alcuni Paesi membri come Francia e Italia, la Commissione Europea aveva invece deciso di escludere il whiskey per timore che da Washington scattassero contro-dazi del 200% sui vini e alcolici europei per cui gli USA rappresentano un fiorente mercato di circa 5 miliardi di dollari.
In una nota, Bruxelles aveva sottolineato che le misure non avevano carattere definitivo e che i controdazi “potranno essere sospesi in qualsiasi momento, qualora gli Stati Uniti accettino una soluzione negoziata equa ed equilibrata”. La Commissione aveva ribadito di di voler raggiungere una risoluzione pacifica della disputa commerciale transatlantica, pur mettendo in chiaro che le tariffe statunitensi, definite “ingiustificate e dannose”, avrebbero provocato “danni economici a entrambe le parti e all’economia globale”.
Il 16 aprile è intanto attesa a Washington la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che il giorno successivo sarà ricevuta alla Casa Bianca per un incontro con Donald Trump. Prima dell’annuncio di mercoledì, Trump era peraltro parso maldisposto a qualsiasi trattativa con gli europei, continuando ad accusare il Vecchio Continente di “aver fregato” per decenni i cittadini USA a causa del surplus commerciale. La sua amministrazione ha chiesto inoltre all’Europa di aumentare gli acquisti di gas statunitense per la cifra-monstre di 350 miliardi di dollari.
“Gli europei sono determinati a difendersi e questo esempio dimostra che l’unità aiuta soprattutto”, ha commentato il cancelliere tedesco in pectore Friedrich Merz al programma televisivo RTL Direkt qualche minuto dopo le dichiarazioni di Trump. “Stabiliamo tutti tariffe dello 0% sul commercio transatlantico e il problema sarà risolto”, ha aggiunto Merz, che mercoledì ha siglato un accordo di coalizione con i socialdemocratici.