L’inflazione USA a novembre ha fatto registrare un incremento al 2,7%, in linea con le previsioni di Wall Street, che pronostica un taglio dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve già a metà mese.
Il dato, diffuso mercoledì dal Bureau of Labor Statistics, si colloca leggermente al di sopra del 2,6% di ottobre, che a sua volta aveva segnato un aumento rispetto a settembre.
Secondo le valutazioni dei mercati, ora c’è una probabilità del 98% che la banca centrale USA decida di ridurre i tassi di un quarto di punto nella prossima riunione del 18 dicembre, facendo salire il range obiettivo tra il 4,25% e il 4,5%.
I mercati hanno aperto in netto rialzo, con l’indice S&P 500 che ha guadagnato lo 0,7%, mentre il Nasdaq ha segnato un più consistente +1,3%. Anche i titoli di Stato hanno visto un movimento interessante, con il rendimento dei Treasury a due anni sceso a 4,12%.
I dati pubblicati mercoledì mostrano che sia l’inflazione generale che quella core (che esclude cibo ed energia) sono aumentate dello 0,3% rispetto al mese precedente. In termini annuali, l’inflazione core è salita al 3,3%. Gran parte dell’aumento si deve all’innalzamento dei costi abitativi, che hanno visto un incremento dello 0,3% nell’indice “shelter”, mentre altri settori legati all’abitazione suggeriscono un abbassamento dei costi, dal momento che l’indice in questione tende a riflettere l’andamento con un ritardo di circa nove mesi.
Escludendo l’impatto dei prezzi legati all’abitazione, cibo ed energia, l’inflazione nei servizi ha visto un incremento più contenuto dello 0,19%, rispetto allo 0,3% di ottobre. La Fed ha già avviato discussioni sul rallentamento dei tagli quando i tassi arriveranno a un livello “neutrale”, circostanza che consente di controllare l’inflazione senza danneggiare ulteriormente l’economia o il mercato del lavoro.
La cautela rimane alta tra i membri della Fed, che temono che abbassamenti troppo rapidi dei tassi possano portare a un aumento duraturo dell’inflazione, mentre decisioni troppo tardive potrebbero comportare un’impennata della disoccupazione. La scorsa settimana Jerome Powell, presidente della Fed, si era detto convinto che l’economia stesse mostrando segnali positivi, consentendo alla banca centrale di essere “più cauta” nell’approccio ai tassi.