La guerra contro Hamas ha messo in ginocchio l’economia israeliana, che nell’ultimo trimestre del 2023 ha registrato un crollo del PIL del 19,4%, contro il +1,8% del III trimestre. A dichiararlo è il Dipartimento di statistica di Israele, che stamani ha pubblicato la stima iniziale sulla crescita economica del paese.
Il tonfo, peggiore delle previsioni degli analisti che attestavano il calo intorno al 10,5%, è stato determinato da un – 26,9% dei consumi privati, con le famiglie che hanno tagliato radicalmente le spese, a seguito dell’attacco del 7 ottobre da parte di Hamas, che ha provocato la morte di circa 1.200 israeliani. La ritorsione di Tel Aviv ha causato, sul fronte palestinese, circa 20.000 morti e lo sfollamento verso il sud della Striscia di Gaza di circa 2 milioni di persone.
La guerra ha registrato un – 18,3% delle esportazioni e ha quasi azzerato gli investimenti fissi delle imprese, crollati del 67,8%. A risentirne è stato il settore del manifatturiero e quello edilizio: quest’ultimo ha visto un blocco quasi totale dell’edilizia residenziale, che vede gli operai israeliani al fronte e quelli palestinesi con ore di lavoro ridotte o licenziati.
Secondo l’Istituto per gli studi sulla sicurezza nazionale dell’Università di Tel Aviv, la forza lavoro israeliana si è ridotta di circa il 7% quando è scoppiata la guerra, dopo che sono stati richiamati più di 300.000 riservisti militari. Il governo sta cercando di far fronte alla carenza di manodopera concedendo visti straordinari a lavoratori provenienti dall’India. Il settore tecnologico, che ha visto arruolato il 15% della sua forza lavoro, secondo la no- profit Startup Nation Central, sta mostrando una notevole resilienza sia per la capacità di rispettare le scadenze dei prodotti, sia nel garantire la continuità del funzionamento delle aziende. Il gigante tech Usa, Intel, ha dichiarato a dicembre che avrebbe mantenuto il suo investimento di 25 miliardi di dollari per costruire una fabbrica di chip nel sud di Israele.
Si prevede che il conflitto costerà al Paese circa 255 miliardi di shekel (70,3 miliardi di dollari) entro la fine del 2025, pari a circa il 13% del PIL, secondo la Banca di Israele, che in novembre ha tagliato le previsioni di crescita del PIL quest’anno al 2%, rispetto alla stima del 3% alla vigilia della guerra. Tuttavia secondo il dipartimento di statistica, nel 2023, l’economia israeliana è cresciuta del 2% e nel 2024 dovrebbe attestarsi intorno all’1,8%. Secondo Liam Peach, economista senior di Capital Economics, si tratta di “uno dei tassi più deboli mai registrati”. Nel 2022, la crescita del Pil era stata del 6,5%, a fronte di un rapporto debito pubblico/PIL sceso al 61% – dal 71% durante la pandemia –al di sotto del livello dei paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito.
All’inizio di gennaio, Moody’s ha effettuato il primo declassamento del rating creditizio di Israele, citando l’elevato rischio politico e il deterioramento delle finanze pubbliche a causa delle operazioni militari, con la spesa della difesa raddoppiata rispetto al 2022 e spese impreviste in aumento, anche per sovvenzionare alloggi per gli israeliani evacuati dal confine con Gaza e con il Libano.
La banca centrale, intanto, si è impegnata a vendere fino a 30 miliardi di dollari dalle sue riserve per sostenere la valuta locale. Lo shekel ha registrato un notevole rialzo dalla fine di ottobre ed è ora più forte che all’inizio del conflitto. Questo dato, assieme al rallentamento dei consumi, sta contribuendo a tenere sotto controllo l’inflazione. La crescita dei prezzi è rientrata nell’intervallo ufficiale dell’1%-3% per la prima volta dalla fine del 2021. La Banca Centrale israeliana ha già tagliato i tassi di interesse a gennaio, abbassando il tasso di riferimento dal 4,75% al 4,5%, con la previsione di un ulteriore taglio di un quarto di punto, nell’incontro della prossima settimana.
L’onda d’urto della guerrà è stata molto più devastante sull’economia dei territori palestinesi, alle prese anche con la crisi umanitaria a Gaza. Il Fondo monetario internazionale ha affermato che l’enclave mediterranea ha visto “un crollo quasi completo dell’attività” nel quarto trimestre, stimando che il PIL totale a Gaza e in Cisgiordania sia crollato del 6% nel 2023.