La resa dei conti è arrivata lunedì e ad annunciarla è stato un tribunale di Hong Kong: il colosso immobiliare cinese Evergrande è in liquidazione. Il 29 gennaio 2024 segna uno dei più grandi fallimenti aziendali nella storia della Cina.
Fondata nel 1996 a Guangzhou, da Xu Jiayin un intraprendente operatore immobiliare, attento ad intercettare il bisogno di case della nascente classe media cinese, Evergrande nel 2009 si è quotata ad Hong Kong, raccogliendo con la sua IPO oltre 720 milioni di dollari.
Nel 2021 la società è andata in default sulle sue obbligazioni e ha presentato istanza di fallimento presso un tribunale di New York per ristrutturare il suo debito estero di circa 32 miliardi di dollari, secondo il Guardian. Evergrande ha attivato il cosiddetto Chapter 15, una legge statunitense che consente alle aziende straniere in crisi di continuare a operare senza vedersi pignorati i beni per risanare i debiti, a patto di pagare i creditori statunitensi e avviare un risanamento. A giugno del 2022, la società aveva ancora passività per l’equivalente di 335 miliardi di dollari, inclusi prestiti, debiti verso i fornitori e appartamenti non consegnati agli acquirenti di case.
Dopo la sentenza di liquidazione di lunedì, i titoli di Evergrande, così come quelli delle sue controllate Evergrande Nev ed Evergrande Services, sono stati sospesi dalla quotazione in Borsa e hanno subito una perdita di oltre il 20%, con la capitalizzazione di mercato crollata a 275 milioni di dollari USA, rispetto al picco di 56 miliardi nel 2021.

Quali scenari si aprono adesso per gli investitori esteri e per quelli cinesi?
A marzo del 2023, un’analisi della società di consulenza Deloitte, commissionata da Evergrande, aveva concluso che gli obbligazionisti offshore potrebbero recuperare tra il 2,1% e il 9,3% del loro capitale in caso di liquidazione. Inoltre, i diversi sistemi giuridici di Hong Kong e della Cina continentale potrebbero rendere difficile, o almeno richiederebbero molto tempo, per far rispettare l’ordinanza del tribunale sui beni detenuti proprio in Cina. I creditori stranieri potranno aprire le cause di risarcimento ad Hong Kong, poiché il colosso immobiliare è quotato in questa città e spetta all’hub finanziario internazionale mostrare se la gestione della liquidazione proteggerà gli interessi dei creditori internazionali. Le società immobiliari cinesi sono state, per molto tempo, tra i principali mutuatari nel mercato offshore, attirando gli investitori globali con rendimenti elevati e, apparentemente, uno status di “troppo grandi per fallire” che offriva una certa protezione politica ai creditori, che contavano sull’àncora di salvataggio offerta dal governo. Stavolta però la priorità sarà il fronte interno.
Anzitutto Pechino dovrà riconoscere la sentenza di fallimento di Hong Kong. Una volta riconosciuta potrebbe in ogni caso decidere di vendere o congelare molti asset onshore anzitutto per tutelare chi ha già versato i soldi per appartamenti che non saranno mai conclusi. In Cina, infatti, le abitazioni vengono costruite solo dopo che l’acquirente ha consegnato i soldi. Il governo dovrà intervenire anche per aiutare i governi locali che hanno venduto a Evergrande i terreni di costruzione e che non si vedranno ripagati. La crisi del colosso ha distrutto le finanze delle amministrazioni locali, privandole di entrate e lasciandole impreparate a finanziare la spesa per le infrastrutture, uno dei principali motori di crescita dell’economia. La sicurezza delle banche nazionali probabilmente sarà l’altra azione del governo: sono 128 le banche cinesi verso cui Evergrande è esposta e 121 sono gli istituti di credito non cinesi che vantano 17 miliardi di crediti. Va anche ricordato che per il colosso cinese lavoravano 200mila persone, senza considerare l’indotto e la sentenza di liquidazione sarà un tornado per il mercato del lavoro.
Gli economisti del Wall Street Journal si chiedono se Pechino si farà avanti anche per aiutare altri sviluppatori in difficoltà, incoraggiandoli a vendere i loro progetti incompiuti a compagnie più sane e offrire ai nuovi proprietari prestiti a basso costo per portarli a termine. Le scelte della seconda economia del mondo sono osservate molto da vicino perché potrebbero portare alla fuga di ulteriori capitali esteri e rallentare ulteriormente la crescita, come già certificato stamani dallo stesso Fondo Monetario Internazionale.