Dopo settimane di attesa, il giorno è arrivato: fa la Federal Reserve ha aumentato i tassi d’interesse dello 0,75% per contrastare l’impennata dell’inflazione che sta affliggendo gli USA, prevedendo inoltre un sostanziale indebolimento dell’economia e un aumento della disoccupazione nei prossimi mesi.
Si tratta dell’aumento del tasso di riferimento più alto dal 1994, che si è reso necessario a causa di una spirale inflazionistica (+8,6% a maggio) mai così alta negli ultimi 42 anni. Il carovita galoppante sta erodendo il potere d’acquisto delle famiglie americane, che si trovano a dover spendere una porzione maggiore del loro reddito per spese essenziali quali cibo e benzina.
“L’inflazione rimane elevata, riflettendo gli squilibri della domanda e dell’offerta legati alla pandemia, l’aumento dei prezzi dell’energia e le pressioni più ampie sui prezzi”, ha dichiarato il Federal Open Market Committee della banca centrale in un comunicato al termine dell’ultima riunione a Washington. “Il comitato è fortemente impegnato a riportare l’inflazione al suo obiettivo del 2%”.
Il nuovo corso monetario della banca centrale statunitense fa il paio con previsioni opache sull’andamento futuro dell’economia americana e del tasso di disoccupazione. Il primo indicatore dovrebbe continuare a crescere quest’anno, ma probabilmente al di sotto dell’1,7%. Assai più allarmanti i dati sui senza-lavoro, che dopo essere arrivati al minimo storico (3,1%) potrebbero aumentare fino al 3,7% entro la fine dell’anno e persino del 4,1% entro il 2024.
Complice il conflitto in Ucraina, quelli seguenti si preannunciano per la Fed come tempi duri. Circostanza eccezionale che giustifica l’altrettanto eccezionale aumento repentino dei tassi per “raffreddare” l’economia, evitando al contempo lo spauracchio della recessione.