La quarta puntata dell'esame della relazione sulla situazione economica siciliana, presentata dal governo di Rosario Crocetta al Parlamento dell'Isola, si sofferma sui dati relativi all'andamento demografico e sui ‘numeri’ dell'occupazione nel terziario (le prime tre puntate le potete leggere qui).
Diciamo subito che la popolazione residente a tutto il 2014, è di 5 milioni 092. mila persone. Con una contrazione, rispetto all'anno precedente, di 2 mila 857 unità. Le donne rappresentano il 51,5 per cento dei siciliani che vivono in Sicilia. Alla perdita demografica concorrono più fattori. Ne segnaliamo due in particolare: il calo delle nascite e i flussi migratori, specialmente giovanili. Questi ultimi, quando decidono di recarsi all'estero per cercare un lavoro che dalle nostre parti non c’è, sempre più spesso non tornano in Sicilia nemmeno per trascorrervi le vacanze estive.
In questo senso assumono grande significato i dati relativi alla migrazione interna, cioè quella che vede i nostri giovani andare verso il Centro-Nord Italia, e quelli relativi alle migrazioni estere. Nel primo caso il saldo è nettamente negativo e fa registrare, nel 2014, 5 mila 14 unità, mentre quello con l'estero da indicazioni opposte con un saldo attivo di 6mila 946 unità. In pratica, i nostri giovani, quasi tutti laureati o diplomati, vanno via. Di contro aumenta la popolazione proveniente da altri Paesi, per lo più utilizzata come bracciantato in agricoltura ed in qualche misura nel terziario. Qualcuno avvia attività commerciali di prodotti etnici, talaltro si dedica ai servizi domestici (badanti). Tutti lavori dignitosi, per carità: ma nel complesso registriamo un deficit intellettuale che priva la nostra Isola delle migliori risorse umane.
Altro dato: la forza lavoro nel 2014, nel Nord Italia è cresciuta dello 0,4 per cento; ne Centro Italia è cresciuta dell'1,8 per cento; mentre nel Meridione è continuata a calare dello 0,8 per cento. Traduzione: rispetto agli 88 mila occupati in più al Nord, al Sud sono cresciuti i disoccupati di 45 mila unità. Quindi un altro dato negativo: la disoccupazione giovanile e, specialmente, femminile nel Mezzogiorno raggiunge il 58,5 per cento.
Questi numeri, da soli, spiegano perché nel Sud e, particolarmente, in Sicilia, secondo l'ultima indagine della SVIMEZ, l'istituto che studia le tematiche relative allo sviluppo del Mezzogiorno, si registra una crisi economica strutturale. A conti fatti, nel Sud d’Italia il PIL (Prodotto Interno Lordo) rappresenta appena il 50 per cento del PIL della Grecia: il che è quanto dire, sapendo quali traversie la penisola ellenica stia incontrando in Europa per la soluzione della sua crisi economica. La differenza è che della Grecia, bene o male, si parla; dei problemi economici del Mezzogiorno d’Italia, a parte la SVIMEZ, non parla nessuno.
Ma se il Sud Italia è in crisi, la Sicilia sprofonda. Nella nostra Isola la metà della forza lavoro è disoccupata, cioè improduttiva. Da qui una domanda: quale ricetta si deve adottare per colmare questo deficit di produttività pro capite? Il governo Crocetta ed i suoi amici di Confindustria Sicilia di soluzioni non ne hanno, né tentano di trovarne. Il governo Renzi, da parte sua, ha optato per il Jobs Act, cioè una formula che prevede la riduzione dei diritti ai lavoratori. Il risultato è la disoccupazione galoppante e il precariato (che in Sicilia non è diminuito). Mentre i lavoratori che hanno perso le garanzie sono sempre più deboli e ricattabili.
I riferimenti all'andamento demografico, che sinteticamente abbiamo riportato, testimoniano la tendenza delle nostre giovani generazioni a cercare altrove il loro futuro, perché a loro la Sicilia non offre alcuna prospettiva. E dire che i fondi europei destinati alle attività agricole, in larga misura, erano destinati proprio a loro. Parliamo del Psr Sicilia (Piano di sviluppo rurale) 2007-2013: oltre 2 miliardi di euro. Risorse da erogare a chi aveva meno di quarant'anni e decideva di creare un'azienda agricola. Anche i fondi per lo sviluppo rurale avevano la medesima finalità. Purtroppo, però, non si riesce a sapere a chi sono andati questi fondi europei. La spartizione deve essere stata generale, tra maggioranza e opposizione presenti nel Parlamento siciliano, se è vero che nessuno parla.
E chi rimane in Sicilia che fa? I giovani che non emigrano in qualche modo provano a industriarsi, magari nelle grandi aree urbane, puntando sul terziario e i servizi. Tuttavia, nell'ultimo anno, nel terziario l'andamento del mercato del lavoro, pur rimanendo negativo, mostra qualche segnale positivo. Si sono persi 2 mila posti di lavoro a fronte della caduta vertiginosa verificatasi nel precedente anno con la perdita di ben 47 mila unità lavorative.
Proviamo a ‘leggere’ i dati del terziario siciliano. Nel 2014, mentre a livello nazionale si è arrestata la caduta del valore aggiunto di questo settore economico, in Sicilia si è registrata ancora una variazione negativa, anche se in attenuazione rispetto all'anno precedente. Contribuendo, tuttavia, per l'82 per cento del valore aggiunto prodotto nell'Isola. La maggiore concentrazione si è avuta a Palermo, Messina, Ragusa e Catania, con valori superiori alla media regionale, mentre ad Agrigento, Caltanissetta ed Enna si sono riscontrati valori inferiori alla media. In sostanziale tenuta i valori di Siracusa e Trapani. La flessione complessiva, comunque, è stata dell'1,4 per cento a fronte del 2,9 per cento dell'anno precedente e sostanzialmente in linea con il grado di flessione del Mezzogiorno (-1,2%).
Il terziario siciliano è composto, nel 2014, da 235.920 imprese, delle quali 213.587 attive. Di queste 121 mila operano nel commercio, che rappresenta il 57 per cento del comparto complessivo dei Servizi. Sono 22 mila le imprese ricettive e della ristorazione che compongono il 10 per cento del totale del terziario. La riduzione del numero delle imprese nel 2014 è stato dello 0,4 per cento, dato che testimonia la sostanziale tenuta rispetto agli altri settori economici che invece sono caratterizzati da una pesante crisi.
I comparti che hanno fatto registrare le migliori performance sono le telecomunicazioni (+3,8%), la ristorazione (+2,6%), le attività di noleggio, le agenzie di viaggio (+3,4%), le immobiliari (+1,2%) e le attività finanziarie (+1,0%). Com'è del tutto evidente, i migliori risultati li hanno ottenuti i comparti che più strettamente sono legate all'andamento del turismo.
Nel 2014 il turismo siciliano torna a crescere, sia in flussi di arrivi (+8,8%), sia in presenze (+6,1%). Questo incremento è dovuto sopratutto alla componente nazionale che ha contribuito con il 52 per cento del totale. L'ospitalità preferita è stata quella offerta dagli esercizi complementari (+15,6%) rispetto a quella alberghiera (+ 4,1%). Le presenze straniere negli alberghi hanno fatto segnare un calo su base annua dello 0,9 per cento, il cui andamento ha registrato un vero e proprio crollo a Palermo con un – 6,7 per cento. Nella Sicilia centro orientale, invece, le cose sono andate molto meglio: Ragusa + 19,9 per cento; Messina + 15,0 per cento; Enna + 14,3 per cento e Catania + 11,1 per cento.
Con riferimento agli arrivi, il dato complessivo è di 4,6 milioni di unità, di cui +11 per cento costituito da italiani e + 6,1 per cento da stranieri. Messina e Ragusa hanno registrato i migliori risultati con l'aumento rispettivo del 36,4 e 12,1 per cento. La media giornaliera delle presenze cala dal 3,3 al 3,2 giorni/persona con risultati positivi negli esercizi complementari che passano da 3,3 a 3,4 giornate/persona. Il dato complessivo dell'incremento degli arrivi è confermato dall'aumento del traffico passeggeri negli aeroporti di Catania (+8,2%) e di Palermo (+6,8%).
Come appare evidente dai dati emersi dall'analisi dell'andamento dei tre settori fondamentali dell'economia la Sicilia da questo punto di vista è in pieno sottosviluppo. Che altro dire?
Fine 4° puntata/ Continua
*Riccardo Gueci è un dipendente pubblico in pensione. Segue con attenzione i temi legati alla politica estera e all'economia. Oggi illustra la quarta puntata del 'viaggio' nella relazione sulla situazione economica della Regione siciliana. Si tratta di una relazione che il governo siciliano di Rosario Crocetta ha consegnato nelle scorse settimane al Parlamento siciliano. Il dato paradossale che emerge dalla lettura di questi articoli è la consapevolezza del governo Crocetta: nel senso che lo stesso presidente dela Regione si rende conto che il suo governo sta letteralmente affossando la Sicilia.
Insomma, Riccardo Gueci si è limitato a leggere e illustrare un documento ufficiale dello stesso governo siciliano che non ha avuto l'onore delle cronache.