La VOCE di NY ha intervistato Emanuele Ferragina, classe 1983, di Catanzaro e Professore ad Oxford dove insegna Politiche Sociali. Ferragina é autore del libro Chi troppo, chi niente pubblicato recentemente dalla BUR Rizzoli. Un saggio che ha richiamato l’interesse anche di diversi programmi televisivi italiani dove il professore é stato ospite. L’approccio di Ferragina non si ferma all’analisi della disuguaglianza sociale, come preannunciato dal titolo del libro, ma suggerisce misure da adottare per favorire la ripresa economica italiana. Una di queste misure é la redistribuzione economica che rappresenta il fil rouge del libro.
Abbiamo cominciato con il chiedere al Professor Ferragina sul concetto della redistribuzione. Ci spieghi meglio.
"Anche il Fondo Monetario Internazionale recentemente ha affermato che per lenire la crisi si deve attuare una redistribuzione economica. Sin dagli anni ’70 i partiti social democratici si sono allineati con l’ortodossia neoliberale tagliando molti dei diritti dei lavoratori in sintonia con le politiche thacheriane e di Reagan. Questo trend é stato giustificato dal fatto che in una economia globale sia necessario aumentare le esportazioni comprimendo salari e lo Stato Sociale. Naturalmente chi ha maggiormente pagato lo scotto di questa politica sono le fasce più deboli e svantaggiate: giovani e disoccupati in generale".
É questa una spiegazione delll’alto tasso di disoccupazione in Italia?
"Si certamente, ma non solo. Per esempio la percentuale di prodotto interno lordo dedicata ai salari é diminuta in Italia del 7.1%, questo ha favorito una crescita esponenziale della disoccupazione. Se a questo aggiungiamo la compressione dei salari possiamo capire come la crisi abbia finito con il coinvolgere anche la classe media. Per evitare il crollo dei consumi i governi hanno indotto un forte indebitamento che a sua volta ha favorito la speculazione ad opera delle banche (La Grecia ne é un chiaro esempio)".
Sul Times di Londra dello scorso 6 Aprile, il corrispondente dall’Italia, John Follain, nel commentare i comizi di Beppe Grillo, leader del Movimento 5 Stelle, sottolinea come Grillo, in un paese storicamente a favore dell’Unione Europea, riesca ad avanzare la proposta di un referendum per rivedere la politica della moneta unica in Europa. Questo testimonia un crescente scetticismo verso l’Europa come testimoniato anche dalle recenti elezioni in Francia e i risultati dell'UKIP in GB per le elezioni europee. Come commenta questi eventi?
"Si, il rischio che corriamo é che questa grande crisi europea chiaramente rinforzi forze antieuropee. Per questo motivo io sostengo che l’Unione Europea dovrebbe sostenere una serie di politiche sociali compensative. Per esempio paesi con una forte vantaggio economico dovrebbero essere di aiuto ai paesi mediterranei".
Cosa ne pensa della politica e situazione economica italiana?
"Un grande problema attuale dell’italia é la bassa produttività dovuta principalmente a due fattori: uno é il fatto che sin dalla introduzione dell’euro l’Italia non é piú un paese competitivo. Il secondo problema é la forte diminuzione del consumo interno, dovuto alla carenza di liquidità e alla convivenza dei cittadini con tante incertezze. Una situazione difficile da cui si puó uscire solo con il contributo dell’Europa. Peró, se da un lato auspico solidarietà dei paesi piú ricchi verso i paesi in crisi, dall’altro lato sostengo che l’Italia deve lavorare nel ridurre l’evasione fiscale, mettere a posto i conti e avviare un processo di cambiamento nella gestione della finanza pubblica attraverso una ridistribuzione interna della ricchezza".
Nel suo libro lei parla di “Federalismo Solidale” come possibile soluzione ai problemi per ricominciare una ripresa. Come si potrebbe attraverso il Federalismo attuare una redistribuzione delle ricchezze?
"Il Federalismo deve in prima istanza favorire la creazione di strutture istituzionali in grado di aiutare i cittadini a crescere un senso di coesione sociale, elemento essenziale per la salute della nazione. Parallelamente incrementare una distribuzione delle ricchezze; uno sgravio fiscale delle regioni più svantaggiate potrebbe essere un esempio. Il federalismo non deve incentivare competizione fra le varie regioni d’Italia piuttosto deve favorire la crescita di solidarietà fra le regioni stesse".
Come distingue il suo concetto di Federalismo da quello dalla Lega Nord?
"Per i leghisti la parola federalismo significa sostanzialmente secessione con implicito un concetto di competizione fra Nord and Sud. Nel mio concetto di federalismo io invece invoco una gestione centralizzata di alcune politiche di welfare state e la formazione di istituzioni che dovrebbero ridurre le enormi disuguaglianze a livello regionale e incentivare coesione sociale. Questo é il panorama propizio allo sviluppo economico. Il federalismo a cui io faccio riferimento deriva dal pensiero di Carlo Cattaneo che, con lungimiranza, aveva intravisto in questa idea la strada per consolidare l’unità del paese. Una idea molto forte in cui i valori di solidarietà si sposano con i valori di iniziativa economica".
Nel suo libro lei cita che sin dal 1996 in Italia si é data via libera a un mercato di lavoro basato sul precariato: realtà lavorative a cui viene negato in toto alcuna protezione. Dopo vent’anni come vede i risultati di queste politiche?
"In Italia attualmente abbiamo 11 milioni di persone che percepiscono meno di mille euro al mese di pensione, circa 4 milioni di lavoratori precari e circa 3 milioni di persone disoccupate. A questo va aggiunto il numero di coloro che sono occupati in modo irregolare con un reddito inferiore a mille euro. Un totale di 25 milioni di persone e che si tramutano facilmente in voti di protesta. I precari e i disoccupati hanno decisamente perso fiducia nei partiti storici dell’arco costituzionale che hanno fallito nel proporre riforme. Gli stessi sindacati si sono da sempre rivelati insensibili al malessere dei disoccupati . In questo scenario non sorprende la crescita di partiti come il Movimento 5 Stelle, che fa da contenitore al diffuso malcontento".
Lei Professore é un esempio della "fuga di Cervelli": formatosi in Italia e professionista all’estero. Come lei molti hanno o stanno abbandonando l’Italia. Come vede questa situazione?
"La fuga é un grande problema per l’Italia, ma é una inevitabile risposta alla mancata politica di creazione di lavoro: i giovani non hanno altra scelta se si considera che le poche assunzioni in questi ultimi due decenni hanno favorito quasi esclusivamente giovani con un basso livello di studio. Su questo trend io intravedo un altro problema: l’Italia, con il piú basso numero di laureati rispetto alle medie europee, sta indietreggiando nel livello di scolarità. Molti giovani non studiano per la carenza di prospettive. Inoltre il sistema scolastico italiano é privo di qualsiasi sistema interno di controllo, non esiste un sistema serio di monitoraggio della qualità dell'insegnamento né tanto meno della conoscenza acquisita".
Il professore Ferragina ha preannunciato alla Voce di NY la prossima uscita nel Settembre 2014 di un nuovo libro che esplora nuovi criteri per la creazione di una nuova maggioranza politica in grado di guidare il paese fuori dalla crisi. Professore, non vediamo l'ora di leggere!
Qui sotto un video da Oxford in cui Ferragina (in italiano) presenta agli studenti il suo libro, spiega le diseguaglianze e indica i rimedi per l'Italia