L’università Bocconi arriva a New York per affermare la propria (crescente) vocazione internazionale affacciandosi nella capitale mondiale del business, vetrina per eccellenza. Con la Bocconi Alumni American Conference, venerdì 20 giugno, l’università milanese ha riunito nella Grande Mela i propri ex alunni intorno al tema Stimolare la crescita economica: America vs Europa. Per un’intera giornata, negli eleganti e old fashioned spazi dello Union League Club di Manhattan, imprenditori, manager, esponenti della finanza e accademici si sono confrontati sulle tendenze economiche globali, sui rapporti commerciali tra UE e USA, sulle sfide poste dalla crisi, sui sistemi bancari e c’è stato spazio anche per una finestra su modelli economici emergenti come il crowd funding e la sharing economy. Tra gli interventi quelli di Mario Monti e Fabrizio Saccomanni, Bryan Leach, Alberto Alesina, Bennet J, Goodman e Doug Peterson: nomi che per gli addetti ai lavori non hanno bisogno di presentazioni.
Gianfranco Minutolo, direttore della Bocconi Alumni Association, spiega che la conferenza si inserisce in una serie di appuntamenti regolari: “La Bocconi ha ormai studenti sparsi in giro per tutto il mondo. Non soltanto perché ci sono tanti nostri laureati italiani che sono andati a lavorare all’estero ma anche perché i nostri corsi attirano sempre più studenti internazionali. Abbiamo 50 chapter nel mondo e 100.000 laureati tra corsi universitari e master. Da novembre scorso, quando abbiamo tenuto il primo incontro a Singapore, abbiamo deciso di organizzare una conferenza all’anno in Europa più una alternativamente in Asia e nelle Americhe. Per l’anno prossimo stiamo organizzando a Milano, in corrispondenza con Expo 2015”. Sono circa 12.000 nel mondo i soci dell’Alumni Bocconi che ha anche un gruppo newyorchese.

Mario Monti risponde alle domande dei gornalisti
Venerdì è stato molto atteso l’intervento del presidente della Bocconi, Mario Monti, che si è concentrato sulle sfide rappresentante dalle relazioni commerciali tra USA e UE evidenziando come l’Europa abbia bisogno di muoversi in maniera più unitaria e strutturata nei mercati internazionali. A margine della conferenza, Monti ha commentato questi stessi temi con i giornalisti affermando che l’Europa manca di strutture e infrastrutture unitarie per la costruzione di un vero e proprio mercato unico. “In Europea – ha detto l’ex primo ministro – essendo la componente culturale e psicologica dei 28 stati membri talmente importante in ogni discussione, quanto più si riesce ad allontanare le decisioni dal livello ideologico che può dividere e quanto più si riesce a portarle invece a livello pragmatico che può unire, tanto meglio”. Monti ha poi parlato della necessità di investire specificando che ogni paese europeo ha le sue esigenze e carenze particolari. “L’Italia ha grosse esigenze di investimento legate alla formazione del capitale umano (scuola e ricerca ) e alla possibilità di rendere fruibile sul piano dei benefici economici il nostro grande patrimonio culturale”. Infine il presidente della Bocconi ha voluto toccare anche il problema delle infrastrutture digitali a livello europeo: “Servono adeguati sistemi a banda larga e regolamentazioni adatte a rendere davvero unico il mercato del commercio elettronico che oggi è troppo spezzettato sulle questioni, per esempio, dei pagamenti e dei diritti sulla protezione del consumatore. Il mercato unico è una grande cosa che è composta da infrastrutture giuridiche e strutture fisiche e bisogna che entrambe procedano bene”.

L’intervento di Sergio Marchionne al Mandarin Oriental
Momento importante della conferenza è stato poi il discorso di Sergio Marchionne, invitato come guest speaker alla cena di gala al Mandarin Oriental. Il CEO di Fiat e Chrysler ha approfittato della serata e del pubblico d’eccezione per dare agli ex bocconiani una lezione di leadership sottolineando che il successo non si costruisce solo sulla base dei numeri: “Il capitalismo delle tabelle è morto – ha detto Marchionne – Non credo nei piani strategici”. Affermazioni che suonano al limite del provocatorio davanti a un’audience come quella riunita venerdì sera al Mandarin Oriental, ma che Marchionne ha corredato, parlando a braccio per 30 minuti, di suggestioni da capitalismo dal volto umano quando ha ricordato l’importanza per un leader di circondarsi di buoni collaboratori e quando ha letto la lettera di una ragazza che, a Detroit, ha fatto richiesta per una borsa di studio finanziata da Fiat-Chrysler. Ma nel business sono necessarie anche visione e capacità di rischiare, ha voluto sottolineare il manager raccontando di quando decise di investire nello spot pubblicitario con Eminem, trasmesso durante il Super Bowl, per rilanciare un’auto Chrysler su cui nessuno avrebbe puntato e che l’azienda aveva presentato come frutto di un restyling che in realtà si limitava alla sostituzione del paraurti: lo spot, in un mese, generò vendite record. “I leader devono saper guidare il cambiamento” ha detto Marchionne che, pur non avendo studiato alla Bocconi, con il suo stile di leadership e con la sua azienda ormai italo-americana, è in qualche modo un simbolo di quel ponte che l’università milanese sembra intenzionata a costruire con l’America.