Un encomiabile comunicato stampa di Rita Borsellino, europarlamentare eletta in Sicilia, accende i riflettori sul ruolo nefasto delle mafie in Europa. “E’ lungo il cammino che dobbiamo compiere – dice Rita Borsellino – per diffondere in Europa una cultura della legalità e per far valere il principio che quello delle mafie non è un fenomeno locale ma globale”.
Queste parole Rita Borsellino le ha pronunciato in occasione dell’approvazione, da parte dell’assemblea di Strasburgo, del Rapporto di medio periodo sulla criminalità organizzata e la corruzione.
“Questo rapporto – dice l’eurodeputata – rappresenta un primo passo importante, perché suggerisce degli strumenti che mi auguro l’Unione Europea possa adottare al più presto. Mi riferisco, per esempio, all’armonizzazione delle normative dei vari Stati membri, all’abolizione del segreto bancario, all’istituzione di un Procuratore europeo, a norme più severe contro i crimini ambientali, alla richiesta di una normativa ad hoc per la protezione dei testimoni di giustizia e delle vittime della tratta. Tutte misure che spero possano confluire in un rapporto finale ancora più ambizioso che delinei una chiara strategia europea per contrastare il crimine, la corruzione e il riciclaggio”.
Poiché noi siano abituati a dire quello che pensiamo, abbiamo la sensazione che l’eurodeputate Rita Borsellino, gran persona per bene, non abbia colto il nesso connettivo tra un abbassamento della guardia nella lotta alla criminalità organizzata tipico di questi ultimi quattro cinque anni e l’affermazione, all’interno della stessa Unione Europea, della finanza speculativa e predatrice.
Negli anni ’70 del secolo passato Leonardo Sciascia, utilizzando una metafora di Piero Gobetti, scriveva: “La palma va al Nord”. Con la sua solita, grande capacità di anticipare gli eventi, il celebre scrittore siciliano lasciava intendere che la mafia, pur mantenendo la ‘testa’ in Sicilia, cominciava ad avere capienti ‘tasche’ del Nord Italia.
Oggi, questa è la nostra sensazione, la mafia non è solo nel Nord Italia: potrebbe essere andata ben oltre. E se un tempo volava verso i lidi del Sud America, oggi, per internazionalizzarsi, non ha bisogno di fare molta strada. E lo stesso discorso potrebbe riguardare anche le criminalità organizzate di altri Paesi dell’Unione Europea.
Noi non ci stiamo inventando nulla. Ci limitiamo ad osservare due cose: la distribuzione della ricchezza nell’Unione Europea a dieci anni dall’entrata in vigore dell’euro e i metodi utilizzati da chi controlla la stessa Unione Europea. Non ci riferiamo, ovviamente, al Parlamento europeo, che non ha poteri, ma alle ‘tecnostrutture’ che detengono il vero potere, a cominciare dalla Commissione e dalla Bce.
Da sempre, da quando in Italia la mafia è parte integrante dello Stato, ovvero dal 1860, i mafiosi, al di là dei metodi illeciti che hanno utilizzato per arricchirsi, hanno sempre alterato la distribuzione del reddito, facendo in modo che la ricchezza finisse nelle mani dei pochi (nelle loro mani), distruggendo parte del tessuto produttivo sano e creando enormi problemi alle imprese sane che resistevano. Un processo che, perdurando nel tempo, ha frenato lo sviluppo e creato disoccupazione di massa e sottosviluppo.
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