A 33 anni dalla strage di via D’Amelio, attorno all’Albero della pace, si sono riuniti centinaia di palermitani, giovanissimi e anziani, autorità, rappresentanti delle istituzioni e familiari per ricordare Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta – Emanuele Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. È stato osservato un minuto di silenzio alle 16:58 per non dimenticare.
“La strage di via D’Amelio ha impresso un segno indelebile nella storia italiana – ha dichiarato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella –. La democrazia è stata più forte. Gli assassini e i loro mandanti sono stati sconfitti e condannati. In questo giorno di memoria, la commozione per le vite crudelmente spezzate e la vicinanza ai familiari delle vittime restano intense come trentatré anni or sono. Il senso di riconoscenza verso quei servitori dello Stato che, con dedizione e sacrificio hanno combattuto il cancro mafioso, difendendo libertà e legalità, consentendo alla società di reagire, è imperituro. Borsellino non si tirò indietro dal proprio lavoro dopo la strage di Capaci. Continuò ad andare avanti. Onorare la sua memoria vuol dire seguire la sua lezione di dignità e legalità e far sì che il suo messaggio raggiunga le generazioni più giovani”.

Anche la premier Giorgia Meloni ha condiviso un pensiero in onore del magistrato palermitano ucciso dalla mafia il 19 agosto 1992. “Il suo esempio continua a vivere in chi ogni giorno, spesso lontano dai riflettori, combatte per un’Italia più giusta, libera dalle mafie, dal malaffare, dalla paura. Non c’è libertà senza giustizia, non c’è Stato senza legalità. Ai tanti magistrati, forze dell’ordine e servitori dello Stato che hanno scelto il coraggio, anche a costo della vita, dobbiamo gratitudine e rispetto. Hanno tracciato una strada che non può essere dimenticata. Quel testimone è ancora saldo. E lo porteremo avanti ogni giorno, con rispetto, con determinazione, con amore per la nostra Nazione. In ricordo di Paolo Borsellino e di chi non ha mai chinato la testa”.
All’epoca, Borsellino stava andando a casa della madre che abitava proprio su via D’Amelio. Nascosti in una vecchia Fiat 126 rubata, c’erano 50 chili di tritolo che vengono fatti esplodere a distanza quando il magistrato ci passa accanto e sta per suonare al citofono del palazzo. L’attentato segue quello di Giovanni Falcone, l’altro giudice siciliano che stava lavorando per combattere la mafia, successo 57 giorni prima. Secondo le ricostruzioni, il Ros dei Carabinieri aveva ricevuto almeno due informative che davano per imminente l’attentato.
“C’è ancora bisogno di verità”, ha dichiarato ai microfoni di Parlermo Today Antonello Cracolici, presidente della commissione regionale Antimafia.