Continuano le speculazioni su cosa sia effettivamente successo ai siti nucleari iraniani. In assenza di informazioni precise, poco dopo i bombardamenti americani ci si è affidati alle dichiarazioni statunitensi/israeliane ed iraniane, e in entrambi i casi le affermazioni propendevano perché i siti fossero effettivamente stati largamente danneggiati. È facile capire il perché: dal lato americano e israeliano l’interesse era dare credito alla propria azione militare. Dal lato iraniano, la volontà era quella di scongiurare nuovi attacchi, a costo di dirsi sconfitti.
Ci sono poi le immagini satellitari che mostrano notevoli danni, ma sono tutt’altro che sufficienti a capire lo stato di salute generale del nucleare iraniano, su cui serve ancora attendere per valutazioni più precise.
Tuttavia, una notizia di mercoledì aggiunge un tassello. Secondo l’emittente Nbc, un nuovo rapporto sull’attacco alle strutture nucleari iraniane mostrerebbe che il presidente Trump si sarebbe opposto a proseguire l’offensiva con attacchi più intensi. Secondo quanto riportato, i nuovi attacchi, se fossero avvenuti, avrebbero “decimato realmente” le strutture.
La nuova ondata di bombardamenti aerei sarebbe dovuta avvenire a seguito di una valutazione che stimava che i tre siti presi di mira avessero ricevuto solo danni minimi, come riferito da funzionari ed ex funzionari dell’amministrazione. Nello specifico, il rapporto afferma che a ricevere danni più gravi sarebbe stato solo uno dei siti, gli altri due sarebbero stati danneggiati parzialmente, al punto che l’arricchimento dell’uranio potrebbe riprendere entro i prossimi mesi.
Sempre secondo le fonti di Nbc, il Comando Centrale degli Stati Uniti suggeriva un piano molto più ampio, un “all-in” come sarebbe stato definito, per attaccare altri tre siti nucleari. In questo caso, le incursioni si sarebbero però svolte in diverse settimane, dando luogo a una “campagna aerea prolungata” volta a distruggere anche le difese aeree e le capacità missilistiche balistiche dell’Iran.
“Eravamo pronti a spingerci fino in fondo con le opzioni a nostra disposizione, ma il presidente non ha voluto”, afferma una delle fonti. La decisione di Trump sarebbe stata presa in linea con le sue promesse elettorali: disimpegno della potenza militare statunitense e bloccare le guerre in corso, iniziarne una nuova non sarebbe di certo stata una mossa coerente.
Continuano, nel mentre, gli sforzi per comprendere un quadro completo dei danni effettivi arrecati dall’azione americana. Secondo il medesimo rapporto, non sarebbero così elevati come affermato dal presidente, che poco dopo l’attacco parlava di centrali completamente distrutte. Stessa idea si sarebbero fatti gli israeliani, secondo i quali i danni inflitti, in particolare a Fordow, non avrebbero raggiunto la gravità massima desiderata. Sarà difficile capire la verità, in quella che sembra piuttosto una lotta a giustificare mosse future.