C’è una nuova variabile nel caso Epstein. Non si tratta di un file desecretato dal Dipartimento di Giustizia, né di una nota interna dell’FBI. È una voce, un’ipotesi che prende forma nelle ultime ore, ma che per molti dentro Washington è ormai una certezza: la fonte delle rivelazioni pubblicate dal Wall Street Journal è Ghislaine Maxwell.
L’ex complice e fidanzata del finanziere morto misteriosamente in carcere, condannata nel 2021 per traffico sessuale e reclutamento di minorenni, sta scontando 20 anni di prigione in Florida. Da mesi chiede la revisione del processo. Lo ha fatto appellandosi alla Corte Suprema, sostenendo che il patto di non perseguibilità firmato nel 2007 tra Epstein e i procuratori federali avrebbe dovuto proteggerla. Ma il Dipartimento di Giustizia, guidato da Pam Bondi, ha respinto la sua istanza. Lunedì scorso l’ufficio di Bondi ha invitato l’Alta Corte a ignorare la richiesta. Maxwell è rimasta sola. Abbandonata da tutti ex amici e potenti che per anni hanno frequentato la corte di Epstein. E avrebbe deciso di giocare le sue carte.
Secondo diverse fonti vicine al suo team legale, proprio il gelo della Casa Bianca avrebbe fatto saltare ogni freno. La reazione è stata immediata: documenti, frammenti, lettere mai viste, contenuti riservati, che non sono parte del carteggio che non si vuole renbdere pubblico, sono cominciati a emergere attraverso una testata precisa: il Wall Street Journal.
La prima bomba è già esplosa. Una lettera del 2003, dattiloscritta, con un disegno a forma di donna nuda e firmata “Donald”, sarebbe stata scritta da Trump per il compleanno di Epstein. “Che ogni giorno possa essere un altro meraviglioso segreto”, si legge nell’ultima riga. Il presidente ha smentito tutto, ha promesso una causa contro Rupert Murdoch, ma l’effetto è stato devastante.
Secondo indiscrezioni, quella non sarebbe che la prima di una serie. E la fonte, diretta o indiretta, sarebbe proprio Maxwell. “Sarei sorpreso se il presidente Trump sapesse che i suoi avvocati stanno chiedendo alla Corte Suprema di permettere al governo di rescindere un accordo”, ha dichiarato David Oscar Markus, uno degli avvocati si Ghislaine Maxwell, lasciando intendere che la Casa Bianca stia tradendo i patti non scritti del passato.

“Trump è il miglior negoziatore. Sono certo che, se sapesse, non accetterebbe di vedere gli Stati Uniti rompere una promessa”, ha aggiunto Markus. Il riferimento è a un accordo del 2007 che avrebbe dovuto mettere al riparo i complici di Epstein, almeno in Florida. E invece Maxwell è in cella, mentre altri, forse più potenti, non sono stati perseguiti.
E così, l’ex regina dei salotti britannici, figlia dell’editore miliardario Robert Maxwell (anch’egli morto misteriosamente, caduto da uno yacht in Spagna nel 1991), potrebbe aver deciso di passare dalla parte opposta. I suoi avvocati parlano apertamente di testimoniare davanti al Congresso. Intanto, i suoi fratelli denunciano “un processo ingiusto” e si preparano a depositare un habeas corpus per ottenere la riapertura del caso.
Ma il clima intorno a Trump è cambiato. Maureen Comey, la procuratrice federale che aveva lavorato sui casi Maxwell ed Epstein, è stata licenziata in silenzio mercoledì scorso. La figlia dell’ex direttore dell’FBI James Comey era una delle poche ad avere accesso ai file più delicati. Ora non è più lì.
Nel frattempo, la base MAGA continua a spingere. I sostenitori più fedeli vogliono chiarezza. Trump li liquida come “deboli” e “sciocchi”. Ma lo strappo si allarga. La sua amministrazione parla di “bufala”. L’FBI pubblica un documento non firmato e privo di contenuto, affermando che non c’è “alcuna lista clienti” e “nessun ricatto dimostrabile”.
E mentre i Democratici provano a forzare la desecretazione, lo Speaker della Camera Mike Johnson promette trasparenza e poi, in Commissione, vota contro. Un gesto che ha fatto esplodere la rabbia anche tra i conservatori.
Nel caos, Ghislaine Maxwell è tornata centrale. Non come imputata. Ma come testimone. O peggio: come vendicatrice. Una “Deep Throat” al femminile, decisa a non pagare da sola.
Trump lo ha capito. E ora cerca di chiudere il caso, ordinando a Pam Bondi di rendere pubbliche alcune testimonianze del Grand Jury, previa autorizzazione della Corte. Ma è troppo tardi. La macchina è partita. E i segreti cominciano a gocciolare. Uno alla volta. Senza controllo.