Il 15 luglio una gigantesca eruzione solare ha generato un “canyon di fuoco” lungo 400 mila chilometri, equivalente alla distanza tra Terra e Luna, con pareti alte oltre 20 mila chilometri. L’evento è stato ripreso in tempo reale dal Solar Dynamics Observatory (SDO) della NASA. Le spettacolari immagini mostrano un filamento solare che, collassando, ha generato una potente espulsione di massa coronale (CME) nello spazio.
In un primo momento si temeva che la massa di plasma incandescente potesse dirigersi verso la Terra. Tuttavia, analisi più recenti condotte grazie ai coronografi del satellite SOHO hanno escluso questa possibilità e il rischio di tempeste geomagnetiche.
I coronografi sono strumenti ottici progettati per oscurare artificialmente il disco del Sole, simulando un’eclissi. In questo modo, permettono agli astronomi di osservare la corona solare — la parte più esterna dell’atmosfera del Sole — e di rilevare fenomeni come le espulsioni di massa coronale. Sono fondamentali per monitorare l’attività solare e prevedere eventuali effetti sul nostro pianeta.
Le CME rappresentano una delle manifestazioni più intense dell’attività solare: consistono nell’espulsione improvvisa di enormi quantità di plasma e di campo magnetico dalla corona solare. Queste particelle cariche possono viaggiare nello spazio a velocità superiori ai 1.000 km al secondo. Se colpiscono la Terra, possono causare disturbi alle comunicazioni radio, ai satelliti e alle reti elettriche — un problema significativo in un mondo sempre più dipendente da internet e dai servizi satellitari. Tuttavia, le CME sono anche responsabili di un fenomeno naturale affascinante: le bellissime aurore polari.