Quasi 500 tonnellate di biscotti ad alta densità calorica, progettati per nutrire bambini malnutriti in contesti di guerra o disastri naturali, sono accatastate in un magazzino di Dubai. Entro domani scadranno. Nei prossimi giorni verranno distrutti. Acquistati con fondi pubblici e inizialmente destinati a popolazioni vulnerabili in Afghanistan e Pakistan, non lasceranno mai il deposito.
Secondo quanto riferito da attuali ed ex funzionari dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID), il cibo era pronto per essere distribuito già da mesi. Ma da gennaio, con lo smantellamento operativo dell’agenzia e il trasferimento delle sue competenze al Dipartimento di Stato, ogni spostamento di fondi o beni umanitari richiede un’autorizzazione politica centrale. E questa autorizzazione, per ragioni mai chiarite, non è mai arrivata.
Nel frattempo, le scorte si sono avvicinate alla scadenza. I biscotti—alimenti terapeutici ad alto valore energetico, spesso utilizzati nelle prime fasi di crisi umanitarie—sono stati acquistati con circa 800.000 dollari di fondi pubblici alla fine dell’amministrazione Biden, e immagazzinati negli Emirati in attesa della distribuzione. In condizioni normali, il personale esperto di USAID avrebbe potuto coordinarne l’invio tramite il Programma Alimentare Mondiale. Ma il nuovo assetto decisionale non lo consente più.
Fonti interne all’agenzia raccontano di una serie di memo inviati tra gennaio e aprile ai responsabili politici, rimasti senza risposta. La responsabilità della gestione degli aiuti, in questo periodo, è passata da un funzionario già attivo nella prima amministrazione Trump a un giovane nominato di recente, privo di esperienza nel settore umanitario. Nessuno dei due, secondo le fonti, avrebbe autorizzato lo spostamento del cibo.
A maggio, davanti al Congresso, il Segretario di Stato Marco Rubio aveva assicurato che nessun alimento sarebbe andato sprecato. Ma secondo documenti visionati da funzionari dell’agenzia, l’ordine di incenerire i biscotti era già stato trasmesso. Il costo dell’operazione di smaltimento ammonterà a circa 130.000 dollari, da sommare alla spesa iniziale.
Il danno non è solo economico. Secondo le stime, quei biscotti avrebbero potuto nutrire 1,5 milioni di bambini per una settimana. In Afghanistan, dove la malnutrizione infantile resta critica, il Programma Alimentare Mondiale è oggi in grado di aiutare solo un decimo delle persone che avrebbero bisogno urgente di cibo. In altre aree come il Sudan o Gaza, la stessa fornitura avrebbe potuto fare la differenza.
Il cibo stoccato, una volta scaduto, non può essere ridestinato nemmeno ad altri usi: secondo la normativa degli Emirati Arabi Uniti, non è riutilizzabile neppure come mangime animale.
Secondo un inventario di USAID risalente a gennaio, oltre 60.000 tonnellate di derrate alimentari acquistate dal governo americano erano ferme in magazzini sparsi per il mondo, tra cui 36.000 chili di legumi, olio e cereali conservati a Gibuti e destinati a Paesi del Corno d’Africa. Alcune spedizioni minori sono riprese nelle ultime settimane, ma gran parte degli stock è ancora bloccata.
L’interruzione degli aiuti è aggravata dalla perdita di competenze interne. Molti dei funzionari che una volta si occupavano della logistica internazionale degli aiuti umanitari sono stati licenziati o ricollocati. Le aziende che producono alimenti terapeutici per l’infanzia affermano di non aver ricevuto nessun nuovo ordine da parte del governo, e non sanno come verranno gestite le scorte già acquistate.
La distruzione di queste 500 tonnellate di biscotti—quantitativo mai visto prima, secondo fonti interne—è diventata il simbolo più concreto del blocco degli aiuti americani: un processo che non riguarda solo le scelte strategiche, ma anche la perdita di capacità esecutiva.
In un contesto in cui il Programma Alimentare Mondiale stima che 58 milioni di persone nel mondo rischiano la fame estrema, la perdita di anche una singola spedizione assume un peso enorme. Ma in questo caso non si è trattato di un disguido, di un’alluvione, o di un attacco terroristico. È stata una scelta politica. E i costi—umani ed economici—sono già cominciati.