Davanti al giudice, Francis Kaufmann non ha detto una parola. L’uomo, accusato di aver ucciso la compagna Anastasia Trofimova e la figlia di undici mesi Andromeda, ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. L’interrogatorio di garanzia si è svolto il 15 luglio nel carcere di Rebibbia, dove il 46enne americano è rinchiuso in una sezione protetta, dopo l’estradizione dalla Grecia avvenuta pochi giorni prima.
Alla presenza del giudice per le indagini preliminari Flavia Costantini, del procuratore aggiunto Giuseppe Cascini e del pm Antonio Verdi, Kaufmann ha scelto la strada del silenzio. Nessuna dichiarazione, nessun commento sulle accuse. Un comportamento che, di per sé, non implica ammissioni di colpa, ma che arriva in un momento in cui le prove raccolte dagli inquirenti lo collocano con forza sulla scena del crimine.
Le immagini e i riscontri tecnici lo descrivono come l’ultima persona vista insieme alle due vittime. Il 5 giugno, solo due giorni prima del ritrovamento dei corpi, è stato fotografato a Villa Pamphili con la bambina in braccio. Secondo quanto emerso, era stato anche fermato per un controllo, ma era stato lasciato andare.
La mattina del 7 giugno i cadaveri di Anastasia e Andromeda sono stati ritrovati tra la vegetazione del parco romano. Lei era stata nascosta sotto un sacco nero, la bambina poco distante. I primi rilievi indicano che entrambe sarebbero state soffocate, forse in due momenti diversi.
Kaufmann ha lasciato Roma nei giorni immediatamente successivi. È stato rintracciato il 13 giugno sull’isola greca di Skiathos, dove si faceva chiamare Rexal Ford. Alla polizia greca ha detto di non avere famiglia. Ha accusato mafie internazionali e servizi segreti, parlando in modo confuso di complotti e persecuzioni. È stato detenuto per un breve periodo nel carcere di Larissa, dove ha dato in escandescenze, distrutto la cella e insultato le guardie.
Estradato l’11 luglio con un volo militare, è atterrato a Ciampino in uno stato di agitazione. Ha minacciato i poliziotti, sostenendo di essere stato aggredito. Ha chiesto di essere portato in ospedale per un malore, ma i medici del Policlinico Tor Vergata lo hanno dimesso poco dopo, senza segnalare problemi di salute.
Da allora è detenuto in isolamento. Chi lo ha incontrato racconta di un uomo apparentemente in buone condizioni fisiche, che alterna momenti di quiete a dichiarazioni sconnesse. Secondo alcune testimonianze raccolte dagli inquirenti, il suo comportamento cambia radicalmente sotto l’effetto di alcol e droghe. Ma oggi, sobrio, appare vigile, attento, ossessivo. E deciso a non collaborare.
La relazione con Anastasia, secondo le prime indagini, era segnata da instabilità e conflitti. La giovane donna, di origine russa, viveva a Roma da anni. La mattina in cui è stata vista per l’ultima volta era entrata nel parco con la figlia e Kaufmann. Nessuno dei tre ne sarebbe uscito.
L’accusa formulata dalla Procura è duplice omicidio volontario. Il procedimento resta in fase istruttoria. Gli inquirenti continuano a raccogliere elementi per ricostruire l’intera dinamica, con particolare attenzione alle ore immediatamente successive alla morte della bambina. Resta aperta anche la questione delle eventuali responsabilità istituzionali: come è stato possibile che Kaufmann, già visibilmente instabile e in compagnia di una neonata, sia stato lasciato andare durante un controllo di polizia?
Intanto, il silenzio dell’indagato lascia irrisolti molti interrogativi. Ma per gli inquirenti, almeno per ora, parla il quadro accusatorio.