Il caso Epstein continua a far tremare Washington, e stavolta lo fa dall’interno della Casa Bianca.
Il vicedirettore dell’FBI Dan Bongino starebbe valutando le dimissioni dopo un durissimo scontro con la procuratrice generale Pam Bondi, innescato dalla pubblicazione di un controverso promemoria congiunto FBI e Dipartimento di Giustizia, che ribadisce due punti chiave: Epstein si è suicidato e non esiste nessuna “lista di clienti” dell’élite. Ma la base MAGA, da cui provengono tanto Bongino quanto il direttore dell’FBI Kash Patel, non l’ha presa bene. Per anni, infatti, nei circoli complottisti di destra, Epstein è stato descritto come l’anello di congiunzione tra i Clinton, George Soros, Bill Gates e il cosiddetto “deep state”, la figura chiave attraverso cui le élite globaliste avrebbero ricattato politici, finanzieri e celebrità con video e dossier compromettenti. Di recente, anche Elon Musk ha riacceso le polemiche, insinuando su X che Trump stesso potrebbe aver avuto qualcosa da nascondere e che il dossier sia stato “ripulito” per proteggere i potenti amici del presidente o lo stesso capo della Casa Bianca.
Mercoledì nell’Ufficio Ovale si è tenuto un incontro ad alta tensione a cui hanno partecipato, oltre a Bongino e Bondi, anche Patel e la responsabile dello staff presidenziale Susie Wiles. Al centro del confronto, la responsabilità per l’articolo pubblicato da NewsNation, secondo cui l’FBI avrebbe voluto rendere pubblici ulteriori dettagli sul caso, ma sarebbe stato fermato dal DOJ. Bongino ha negato qualsiasi fuga di notizie, ma ha rifiutato di firmare una dichiarazione in difesa della versione ufficiale. Da allora, non si è più presentato al lavoro.
Le voci sulle sue dimissioni si rincorrono. Secondo Axios e CNN, Bongino sarebbe profondamente insoddisfatto della gestione del caso Epstein e del modo in cui Bondi, che a febbraio aveva promesso rivelazioni esplosive, ha poi smentito l’esistenza della famigerata lista.
A peggiorare la situazione, il dossier che avrebbe dovuto contenere i nomi degli amici e frequentatori più potenti di Epstein è stato reso pubblico in una versione priva di contenuti rilevanti, alimentando l’ipotesi, sempre più diffusa tra i sostenitori MAGA, che il vero dossier sia stato sottratto o insabbiato per non compromettere figure di altissimo livello, forse persino lo stesso presidente. Una contraddizione che ha scatenato l’ira dell’attivismo trumpiano, a partire da Laura Loomer, che su X ha chiesto apertamente il licenziamento della procuratrice, scrivendo: “Blondi (volutamente storpiando il nome) ha mentito. Ha sempre mentito”.
La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso? Un video di sorveglianza di dieci ore diffuso dal governo, che mostra la cella di Epstein prima del suicidio. Il filmato, secondo i funzionari, dimostrerebbe l’assenza di accessi non autorizzati. Ma quel “minuto mancante”, spiegato dal DOJ come normale interruzione tecnica del sistema di registrazione a mezzanotte, ha alimentato ulteriori sospetti di insabbiamento. Bongino, ironia della sorte, avrebbe lui stesso trovato il video e inizialmente lo considerava la “prova definitiva”. Ma di fronte al boomerang mediatico, ha cambiato atteggiamento e si è detto tradito. Da aggiungere che normalmente la revisione tecnica delle videoregistrazioni avviene il giorno successivo, senza interrompere le riprese, come invece sarebbe stato fatto in questo caso.
Un alto funzionario dell’amministrazione ha dichiarato ad Axios che Bongino “ha perso la testa e se n’è andato da Washington”.
Il vice procuratore generale Todd Blanche ha cercato di minimizzare, affermando che Bongino e Patel avevano approvato i contenuti del promemoria. Ma la frattura è evidente, e anche i toni sarcastici usati da Trump, che in conferenza stampa ha definito Epstein un “verme” e si è detto stufo di sentir parlare di lui, suonano più come una presa di distanza dall’intera vicenda.
In molti nel mondo MAGA si sentono traditi. Bongino e Patel, una volta alfieri delle teorie sul presunto omicidio di Epstein, ora appaiono complici della narrazione ufficiale. La base non perdona. E mentre Bondi ribadisce che non ha intenzione di dimettersi, la pressione si concentra su Bongino. Loomer rilancia, o Bondi se ne va, o se ne andrà lui.
Per l’amministrazione Trump, che fa della legge e ordine un pilastro identitario, l’affaire Epstein si sta trasformando in un incubo interno, non solo non ha chiuso il caso, ma ha anche spaccato il fronte.
Mentre la Casa Bianca insiste sulla unità del team, una parte del suo elettorato è convinta del contrario. E se Bongino decidesse davvero di mollare, la spaccatura diventerebbe ufficiale. Un altro boomerang, un altro segnale che nel mondo MAGA, i complotti non muoiono mai.