La scena sfiora il surreale, ma tutti si prendono sul serio. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante l’incontro alla Casa Bianca annuncia di aver candidato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump al Premio Nobel per la Pace, consegnandogli la lettera che ha inviato al Comitato per il Nobel durante l’incontro alla Casa Bianca. “Sta ristabilendo la pace mentre parliamo in un Paese dopo l’altro, in una regione dopo l’altra, quindi vorrei presentarle, signor Presidente, la lettera che ho inviato al Comitato per il Premio Nobel. La candida per il Premio Nobel per la Pace, che merita pienamente e che dovrebbe ricevere”, ha dichiarato Netanyahu.
“Grazie molte, non lo sapevo, wow, grazie molte”, ha commentato Trump emozionato. Nella missiva Netanyahu elogia la “ferma ed eccezionale dedizione di Trump alla promozione della pace, della sicurezza e della stabilità in tutto il mondo”. Scrive che gli Accordi di Abramo sono “i più importanti” tra i successi di Trump nella creazione della pace.”La visione e la leadership audace del Presidente Trump hanno promosso una diplomazia innovativa, definita non dal conflitto e dall’estremismo, ma dalla cooperazione, dal dialogo e dalla prosperità condivisa”, scrive ancora.
Deportazione di massa
Se con una mano Netanyahu ha offerto questo dono, con l’altra pare aver chiarito che i termini dell’impegno di Israele a Gaza li decide lui, e non la Casa Bianca (ma la Casa Bianca di Trump non intende opporre resistenza). Cosa è emerso allora da questo incontro che secondo Trump, una volta di più, doveva portare in breve tempo a una “tregua”? Per ora, solo l’idea – non nuova – che deportare i gazawi in massa altrove sarebbe una buona soluzione.
I negoziatori di Israele e Hamas si sono incontrati lunedì in Qatar per colloqui indiretti, i primi da sei settimane. Sebbene entrambe le parti abbiano parlato positivamente delle prospettive per un cessate il fuoco, restano ancora diversi punti cruciali da negoziare, tra cui le garanzie da parte israeliana che la guerra non proseguirà, e l’insistenza di Netanyahu affinché Hamas venga definitivamente estromesso da Gaza. I colloqui proseguono oggi.
Prima della cena nella Blue Room della Casa Bianca, a Trump è stato chiesto se ritenesse che i palestinesi dovessero essere rimossi con la forza da Gaza, alla luce delle notizie secondo cui Israele avrebbe elaborato un piano per costringere tutti i palestinesi della Striscia a trasferirsi in un campo profughi costruito sulle rovine di Rafah – un piano criticato da molti come un progetto di pulizia etnica. Trump ha girato la domanda a Netanyahu.
“Si chiama libera scelta,” ha risposto il premier israeliano, il quale è ricercato dalla Corte penale internazionale per presunti crimini di guerra legati al conflitto a Gaza. “Sapete, se le persone vogliono restare, possono restare, ma se vogliono andarsene, dovrebbero poterlo fare. Non dovrebbe essere una prigione,” ha aggiunto Netanyahu. “Dovrebbe essere un luogo aperto, in cui le persone abbiano libertà di scelta. Stiamo lavorando a stretto contatto con gli Stati Uniti per individuare Paesi disposti a realizzare ciò che dicono da sempre di volere: offrire ai palestinesi un futuro migliore. E… penso che siamo vicini a trovare diversi Paesi.”
Il piano di Katz: un campo-ghetto “città umanitaria” sulle rovine di Rafah
Per ora, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha illustrato un piano per trasferire con la forza tutti i palestinesi di Gaza in un campo costruito sulle rovine di Rafah — un progetto che esperti legali e accademici hanno descritto come un vero modello di crimine contro l’umanità. Sarebbe una “città umanitaria” ma i palestinesi dovrebbero sottoporsi a uno “screening di sicurezza” prima di entrare e, una volta dentro, non potrebbero più uscire. Le forze israeliane controlleranno il perimetro del sito e inizialmente “trasferiranno” nell’area 600.000 palestinesi — in gran parte persone già sfollate nella zona di al-Mawasi. L’obiettivo finale è trasferire lì l’intera popolazione della Striscia di Gaza, ha riferito il quotidiano Haaretz, citando Katz.
Dall’inizio dell’anno, quando Donald Trump ha suggerito che un gran numero di palestinesi dovrebbe lasciare Gaza per “ripulire” la Striscia, diversi politici israeliani — incluso Netanyahu — hanno promosso con entusiasmo la deportazione forzata, spesso presentandola come un’iniziativa appoggiata dagli Stati Uniti.
Il piano di Katz viola il diritto internazionale, ha affermato Michael Sfard, uno dei più noti avvocati per i diritti umani in Israele. “Costituisce un crimine contro l’umanità. Né più né meno,” ha dichiarato Sfard. “Si tratta chiaramente di un trasferimento forzato della popolazione verso l’estremo sud della Striscia di Gaza, in preparazione a una deportazione fuori dal territorio.”
E il cessate il fuoco?
E il cessate il fuoco? Durante l’incontro alla Casa Bianca, Trump ha affermato che Hamas lo vuole. Ma non ha fornito ulteriori dettagli sui preparativi per un accordo, e quando gli è stato chiesto della soluzione dei due Stati, ha passato la parola a Netanyahu, il quale ha ribadito che Israele manterrà una “garanzia di sicurezza” su territori come la Striscia di Gaza. “Penso che i palestinesi dovrebbero avere tutti i poteri per autogovernarsi, ma nessuno dei poteri per minacciarci,” ha dichiarato Netanyahu. “E ciò significa che certi poteri, come la sicurezza generale, rimarranno sempre nelle nostre mani. Credo che possiamo raggiungere una pace tra noi e tutto il Medio Oriente con la leadership del presidente Trump e collaborando insieme,” ha proseguito. “Penso che possiamo stabilire una pace molto, molto ampia che includerà tutti i nostri vicini.”
Prima di partire per Washington domenica, Netanyahu aveva dichiarato di essere fiducioso che un accordo fosse possibile e che i negoziatori israeliani avevano ricevuto istruzioni chiare per raggiungere un cessate il fuoco – ma solo alle condizioni già approvate da Israele. Netanyahu aveva incontrato lunedì il mediatore per il Medio Oriente Steve Witkoff e il segretario di Stato Marco Rubio.
È previsto che resti a Washington per ulteriori incontri con il vicepresidente JD Vance e alti funzionari, incluso lo speaker della Camera Mike Johnson.
Mentre a Tel Aviv si manifesta per gli ostaggi
Intanto a Tel Aviv parenti e sostenitori degli ostaggi israeliani detenuti a Gaza hanno intonato slogan innalzando cartelli durante una grande manifestazione davanti all’ambasciata statunitense, chiedendo la fine della guerra a Gaza e il rilascio delle persone ancora detenute da Hamas. La manifestazione si è svolta mentre Netanyahu era a Washington.
“Presidente Trump, per favore ascolta la nostra supplica: quando vi sedete a mangiare, ricordate che ci sono ostaggi che non mangiano un pasto decente da 640 giorni”, ha dichiarato dal palco il parente di un ostaggio a Gaza, Udi Goren, cugino di Tal Haimi.