Tesla ha chiuso il secondo trimestre con 384.122 veicoli consegnati, in flessione del 14% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. È la seconda contrazione consecutiva su base annua, dopo il -13% registrato nei primi tre mesi del 2025. La produzione si è attestata a 410.244 unità, segno che le scorte stanno iniziando ad accumularsi.
Il risultato è leggermente migliore delle stime di Wall Street, che si fermavano attorno a quota 387.000, e ha spinto il titolo a un rimbalzo del 5% dopo una chiusura negativa nella giornata precedente. Ma il quadro resta fragile. Il confronto con i 443.956 veicoli consegnati nello stesso trimestre del 2024 è impietoso, e la tendenza sembra consolidarsi.
Il grosso delle vendite continua a concentrarsi sulle linee principali: oltre 373.000 veicoli tra Model 3 e Model Y. I modelli alternativi, incluso il discusso Cybertruck, si fermano a poco più di 10.000 unità. Il pickup elettrico, lanciato a fine 2023, ha già subìto otto richiami e non è riuscito finora a imporsi sul mercato.
La domanda resta debole negli Stati Uniti, dove Tesla continua a scontare la pressione della concorrenza cinese e un calo di interesse nei segmenti centrali. In Europa il clima non è migliore: le immatricolazioni del marchio sono in calo da mesi, e non si intravedono segnali di inversione.
Il quadro si complica ulteriormente sul piano politico. Dopo mesi di rapporti ambigui, il presidente Trump ha attaccato apertamente Elon Musk, minacciando il taglio dei sussidi federali destinati alle sue aziende. La tensione è esplosa dopo l’approvazione in Senato di un pacchetto normativo che riduce gli incentivi per veicoli elettrici e batterie, misura che secondo il think tank Energy Innovation potrebbe tradursi in 100.000 consegne in meno ogni anno entro il 2035.
La risposta di Musk non si è fatta attendere. In un post pubblicato nel fine settimana ha criticato duramente la manovra fiscale del presidente, invocando la nascita di un terzo partito e prendendo le distanze da un alleato politico con cui aveva condiviso, fino a pochi mesi fa, strategie e obiettivi.
Le tensioni si riflettono anche sull’immagine pubblica del gruppo. Musk è sempre più esposto, contestato da settori crescenti dell’opinione pubblica, e le sue uscite — dall’appoggio all’estrema destra tedesca AfD al ruolo controverso nel progetto DOGE per il ridimensionamento della burocrazia federale — hanno eroso parte del capitale reputazionale che aveva costruito negli anni.
Il titolo, da gennaio, ha perso il 26%, segnando la peggior performance tra le grandi aziende tecnologiche. E la narrativa di Tesla come brand simbolo dell’innovazione comincia a mostrare segni di affaticamento.
L’azienda, intanto, prova a cambiare orizzonte. Accanto all’auto elettrica, il focus si sposta sulla guida autonoma, sulla robotica e sull’intelligenza artificiale. A giugno è stato consegnato nei dintorni di Austin il primo veicolo completamente autonomo. Sono partiti anche i test di un servizio di robotaxi. Musk ha annunciato che entro la fine del 2025 migliaia di robot umanoidi Optimus entreranno in funzione nelle fabbriche del gruppo.
Ma la corsa alla tecnologia non si gioca in solitaria. Waymo, la divisione di Alphabet, è considerata più avanti nei test su strada. E il mercato, da parte sua, appare sempre meno disposto a concedere credito sulla sola base delle promesse.