Durante una conferenza stampa che sembrava un incrocio tra The Purge e Survivor, la segretaria alla Sicurezza Interna Kristi Noem ha raccontato un episodio ai limiti del surreale: un migrante, descritto come cannibale, avrebbe tentato di divorarsi da solo a bordo di un volo di deportazione, al punto da richiedere un intervento medico d’urgenza.
L’annuncio è avvenuto all’interno della nuova struttura detentiva per migranti, soprannominata Alligator Alcatraz. Realizzato in soli otto giorni nel cuore delle paludi della Florida, tra rettili e umidità soffocante, il centro è diventato il simbolo della nuova stagione della politica migratoria dell’amministrazione Trump.
E mentre i media rilanciano il racconto senza particolari verifiche, la strategia appare evidente: alimentare l’immaginario collettivo con figure mostruose, per giustificare provvedimenti che, in tempi ordinari, sarebbero inaccettabili. Il fatto che nessun organo federale abbia confermato l’episodio non ha impedito a Noem di inserirlo nel copione. In un Paese dove la linea tra fiction e notizia si fa sempre più sottile, la messinscena continua indisturbata.
Nel frattempo, nessuna parola sui migliaia di migranti detenuti senza accuse penali, né sui motivi che li spingono a rischiare la vita per entrare negli Stati Uniti. L’emergenza è una: l’uomo che si morde da solo sull’aereo.