Il governo federale ha scelto di liberare anticipatamente un criminale recidivo e di sospenderne l’espulsione, in cambio della sua collaborazione nel caso contro Kilmar Abrego García, un operaio saldatore salvadoregno di 29 anni, residente nel Maryland, padre di famiglia e incensurato. Abrego Garcia, deportato a marzo nel carcere salvadoregno di Tecoluca in seguito a quello che le autorità hanno definito un “errore amministrativo”, è tornato negli Stati Uniti solo dopo un’ordinanza della Corte Suprema.
Secondo quanto riportato dal Washington Post il testimone chiave dell’accusa è José Ramon Hernández Reyes, 38 anni, condannato per traffico di esseri umani, ingresso illegale e per aver sparato, ubriaco, in una zona residenziale del Texas. Nonostante i suoi numerosi precedenti, inclusi arresti per droga e guida in stato di ebbrezza armato, il Dipartimento di Giustizia ha concordato per lui una scarcerazione anticipata, un alloggio in una struttura protetta e il permesso di restare per almeno un anno negli Stati Uniti.
Secondo i documenti processuali, il SUV con nove migranti fermato in Tennessee nel 2022 era intestato a Hernández. Eppure l’accusa è stata formalizzata contro Abrego, che si è dichiarato non colpevole. I suoi avvocati parlano di “una costruzione politica” e hanno chiesto alla corte di ritardare l’eventuale rilascio di Abrego Garcia per evitargli una nuova espulsione.
Il caso ha sollevato interrogativi sul ricorso a collaboratori giudiziari con gravi precedenti e sull’uso selettivo della giustizia in procedimenti legati all’immigrazione. “È difficile da comprendere”, ha commentato Lisa Sherman Luna, della Tennessee Immigrant and Refugee Rights Coalition. “Si tratta di un uomo senza precedenti, contro cui ora si muove un intero apparato accusatorio, mentre si premia chi ha infranto la legge più volte”.
Durante la sua detenzione in El Salvador, Abrego ha ricevuto la visita del senatore democratico Chris Van Hollen. Il suo caso è diventato simbolico in un contesto politico in cui l’amministrazione Trump punta a mostrare il pugno duro contro l’immigrazione illegale e le gang. Il Dipartimento di Giustizia lo ha descritto come un “pericolo pubblico” e ha avanzato anche accuse non formalizzate di pornografia infantile, che la difesa respinge come “tentativi di delegittimazione”.
Il 22 giugno, un giudice federale ha autorizzato la sua liberazione, ma i suoi stessi legali hanno chiesto che resti in carcere per timore che venga nuovamente espulso, questa volta verso un “Paese terzo” non identificato. “L’ironia di questa richiesta non è sfuggita a nessuno”, hanno scritto nella loro mozione.
La vicesegretaria del Dipartimento della Sicurezza Nazionale, Tricia McLaughlin, ha dichiarato: “Kilmar Abrego Garcia è un pericoloso criminale immigrato illegalmente. Non sarà mai libero sul suolo americano”. Parole che, secondo i suoi difensori, sembrano prescindere da qualsiasi sentenza o verifica dei fatti.
L’udienza decisiva si terrà il 7 luglio a Nashville. Il tribunale dovrà stabilire se Abrego possa essere rilasciato in attesa del processo o se debba rimanere in custodia. Ma al di là della sorte individuale dell’imputato, il caso si inserisce in un disegno politico più ampio: un uso mirato della giustizia penale per rafforzare la narrazione di un’America assediata da “criminali stranieri”, anche a costo di distorcere le priorità dello Stato di diritto. In una stagione elettorale segnata dalla retorica sulla sicurezza e dalle promesse di “ordine”, la sorte di Kilmar Abrego Garcia dice molto più del suo dossier penale: racconta la direzione in cui una certa idea d’America ha deciso di andare.