Una nuova analisi del New York Times descrive in dettaglio come l’amministrazione Trump abbia aumentato gli arresti di immigrati a livello nazionale da quando il presidente è entrato in carica a gennaio. Intanto le autorità federali intensificano le loro operazioni per raggiungere gli obiettivi delle deportazioni di massa imposti dalla Casa Bianca. Basandosi sulle informazioni governative ottenute dal Deportation Data Project dell’Università di Berkeley, il giornale newyorkese rivela che gli arresti giornalieri da parte dell’Immigration and Customs Enforcement sono raddoppiati, passando da una media di meno di 300 al giorno lo scorso anno a circa 666 oggi.
I numeri mostrano anche un forte aumento poco dopo l’incontro del 21 maggio tra il vicecapo di Gabinetto della Casa Bianca Stephen Miller e i funzionari dell’ICE, durante il quale il primo avrebbe fissato un obiettivo di 3.000 arresti al giorno. Da allora, la media è effettivamente raddoppiata rispetto al nuovo e stabile plateau di 666 arresti, con un picco all’inizio di giugno e raggiungendo 1.100 arresti giornalieri nei primi dieci giorni del mese.
La maggior parte delle detenzioni è avvenuta in Stati che già avevano tassi di applicazione della legge elevati, come la Florida e il Texas, che hanno registrato un aumento rispettivamente del 219% e del 92% degli arresti medi giornalieri dall’insediamento di Trump.
Dopo l’incontro di Miller con i funzionari dell’ICE, il Lone Star State ha registrato una media giornaliera di 250 arresti all’inizio di giugno, mentre il Sunshine State ha raggiunto un nuovo picco di 120. I due Stati sono in testa alla classifica nazionale per numero totale di arresti dall’insediamento di Trump, con 20.150 in Texas e 9.080 in Florida. Lo stato che segue è la California con 5.860.
New York ha registrato un aumento del 79% degli arresti di immigrati nel 2024, con 2.810 arresti da parte dell’ICE dall’inizio del secondo mandato di Trump. Il picco registrato dopo l’incontro con Miller ha fatto salire la media giornaliera da circa 20 arresti a oltre 60 nei primi dieci giorni di giugno. Oltre il 40% dei newyorkesi sono immigrati e circa il 50% vivono in famiglie con status misto.
Il 15 giugno, il presidente Trump ha annunciato sui social media che avrebbe intensificato gli sforzi di espulsione a Los Angeles, Chicago e New York, sostenendo che i leader democratici di quelle città stavano accogliendo migranti privi di documenti per “usarli per votare”, un’affermazione spesso ripetuta dalla destra americana che non ha alcun fondamento di verità. Il candidato democratico a sindaco di New York, Zohran Mamdani, ha promesso di “cacciare l’ICE fascista da New York City”, al che il cosiddetto “zar della frontiera” della Casa Bianca, Tom Homan, ha risposto che avrebbe “raddoppiato e triplicato” le operazioni dell’ICE nella Grande Mela. Il sindaco in carica Eric Adams ha collaborato ampiamente con gli sforzi del governo federale, cercando di riaprire l’ufficio dell’ICE a Rikers Island, che era stato chiuso sotto il sindaco Bill de Blasio.