Johnny Noviello, cittadino canadese di origini italiane, è morto lunedì scorso mentre si trovava sotto la custodia dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE) presso il Centro di Detenzione Federale di Miami. Il decesso, reso noto solo ieri sera, ha provocato la reazione immediata del governo di Ottawa, che ha chiesto spiegazioni alle autorità statunitensi.
Secondo quanto riferito dall’ICE, Noviello, 49 anni, è stato trovato privo di sensi nel pomeriggio del 23 giugno. Il personale medico ha tentato di rianimarlo con massaggi cardiaci e defibrillatore, mentre veniva allertato il 911. I paramedici accorsi sul posto non hanno potuto far altro che constatarne la morte. Le cause del decesso restano ancora sotto inchiesta.
Nato in Italia e diventato cittadino canadese, Noviello era entrato legalmente negli Stati Uniti nel 1988, ottenendo lo status di residente permanente nel 1991. Tuttavia, nel 2023 era stato condannato in Florida per traffico di ossicodone e idrocodone, associazione a delinquere e uso illecito di strumenti di comunicazione per favorire attività criminali. Dopo aver scontato una pena di 12 mesi, era stato nuovamente arrestato dall’ICE il 15 maggio 2025 e trattenuto in attesa di un’udienza per l’espulsione.
La ministra degli Esteri canadese, Anita Anand, ha definito “urgente” l’acquisizione di maggiori informazioni e ha assicurato che il consolato canadese è attivamente impegnato nel caso. “Il governo del Canada si impegna a garantire protezione e giustizia a ogni cittadino, ovunque si trovi”, ha scritto su X.
Il caso Noviello si inserisce in un quadro già teso nei rapporti tra Washington e Ottawa, ulteriormente deteriorato dalle recenti affermazioni di Donald Trump secondo cui “il Canada dovrebbe essere il 51º Stato americano”. Sullo sfondo, una politica migratoria sempre più aggressiva, segnata da un’escalation di arresti ed espulsioni.
Secondo dati del Dipartimento per la Sicurezza Interna, nel 2025 sono già morte sette persone sotto custodia ICE, contro le dodici dell’anno precedente. E se l’agenzia continua a sostenere che nelle sue strutture viene garantita un’assistenza medica “completa e continua”, numerosi rapporti, come quello del National Immigrant Justice Center del 2024, denunciano gravi carenze: isolamento prolungato, negligenza sanitaria e decessi evitabili.
Nel frattempo, aumentano gli arresti di persone senza precedenti penali. Secondo dati condivisi con il Cato Institute e pubblicati dalla NBC News, circa due terzi degli immigrati arrestati dall’ICE nel 2025 non avevano subito alcuna condanna. Gli “immigrati criminali” evocati dalla retorica dell’amministrazione Trump sono, nella maggior parte dei casi, individui colpevoli solo di infrazioni minori, come l’ingresso irregolare o la guida senza patente. I reati gravi — come omicidi e violenze sessuali — rappresentano meno del 7% dei casi.
Nonostante ciò, la comunicazione ufficiale resta ferma. In un post su X, l’assistente segretaria per la Sicurezza Interna Tricia McLaughlin ha replicato a Kim Kardashian — che aveva criticato pubblicamente le espulsioni — pubblicando foto segnaletiche e scrivendo: “Quale di questi stupratori e assassini vorresti che rimanesse nella tua contea?”.
Ma i numeri raccontano un’altra storia: solo l’11% degli arrestati è stato condannato per reati violenti o contro la proprietà. La maggior parte delle accuse riguarda esclusivamente la condizione di irregolarità migratoria.
A far discutere, in queste ore, anche il caso di Madonna “Donna” Kashanian, una donna iraniana di 64 anni, residente negli Stati Uniti da 47 anni. È stata arrestata domenica mattina mentre curava il giardino della sua casa a New Orleans. Secondo un testimone, agenti in borghese e senza segni identificativi l’hanno ammanettata, trasferendola prima in un carcere del Mississippi e poi nel centro ICE di Basile, in Louisiana.
Kashanian era arrivata negli Stati Uniti nel 1978 con un visto da studentessa. Dopo il rifiuto della sua domanda di asilo, motivata dai legami del padre con lo Scià di Persia, aveva ottenuto una sospensione dell’espulsione, a condizione di rispettare precise disposizioni. La famiglia afferma che le ha sempre osservate. Non ha precedenti penali. Il suo arresto è avvenuto poche ore dopo i raid aerei statunitensi in Iran, e il DHS ha confermato che, nello stesso fine settimana, sono stati arrestati altri undici cittadini iraniani.
Sempre nei giorni scorsi, l’ICE ha fermato due studenti iraniani della Louisiana State University e 84 persone durante un raid in un ippodromo della Louisiana sud-occidentale. Solo “almeno due” tra loro avevano precedenti penali.
La strategia dell’amministrazione Trump prevede arresti “ovunque”, non solo al confine. L’ICE ha così intensificato le operazioni in hotel, ristoranti e aziende agricole. In Florida, in Texas e in California, molti lavoratori migranti hanno lasciato i propri impieghi per evitare controlli e fermi.
In questo contesto, la morte di Johnny Noviello assume un significato più ampio. Diventa, suo malgrado, il simbolo di un sistema sempre più opaco e punitivo, dove anche chi non ha condanne finisce in strutture pensate per criminali gravi. E dove la trasparenza resta lontana, malgrado le rassicurazioni ufficiali.
Il Congresso è stato informato del caso, e alcuni parlamentari democratici hanno chiesto un’inchiesta indipendente sul sistema ICE, come già fatto in aprile, dopo la morte di una donna haitiana in custodia. Per ora, però, tutto è fermo.
In attesa che l’autopsia chiarisca le cause della morte e che Ottawa ottenga risposte ufficiali, il caso di Johnny Noviello si impone come un nuovo punto critico nelle relazioni tra Canada e Stati Uniti, e come un simbolo sempre più inquietante dello scontro tra politiche migratorie, diritti umani e le responsabilità che ogni democrazia dovrebbe garantire.
Tricia McLaughin X post https://x.com/TriciaOhio/status/1932826438614261822