Il Dipartimento di Giustizia ha citato in giudizio tutti i 15 giudici dei tribunali distrettuali federali del Maryland per un’ordinanza che sospende per 48 ore qualsiasi espulsione contestata nello Stato. Gli esperti legali hanno descritto la decisione come un attacco senza precedenti all’indipendenza della magistratura, mentre gli avvocati del governo hanno affermato che era necessaria per preservare l’autorità costituzionale del presidente Trump in materia di immigrazione.
I tribunali di tutto il paese hanno rallentato o bloccato molte delle azioni del presidente quest’anno, mentre valutavano le contestazioni legali al suo programma, inclusi i piani per le deportazioni di massa ed i licenziamenti di dipendenti federali.
I funzionari dell’amministrazione hanno risposto alle sentenze sfavorevoli attaccando i giudici o mettendo in discussione il potere delle corti federali.
Tuttavia, l’azione intrapresa contro i magistrati del Maryland rappresenta uno step successivo. La denuncia sostiene che il giudice capo George L. Russell III della Corte distrettuale degli Stati Uniti nel Maryland ha emesso a maggio un’ordinanza “illegale e antidemocratica” che concede una sospensione di due giorni dell’espulsione, a qualsiasi detenuto in custodia dell’immigrazione che presenti una richiesta di habeas corpus, ovvero un ricorso legale per detenzione illegittima.
Come fondamento giuridico del suo ordine, Russell ha citato una legge federale, l’All Writs Act, e un precedente della Corte Suprema del 1966 che conferisce ai giudici “un potere limitato per preservare la giurisdizione della corte”, utilizzando ingiunzioni per bloccare le azioni del governo finché la corte non può esaminarle.
Il Dipartimento di Giustizia ha invece sostenuto che, in base ad altri precedenti della Corte Suprema, i giudici devono pronunciarsi su ogni caso individualmente. L’ordinanza permanente di Russell fa “esattamente ciò che la Corte Suprema ha proibito”, secondo la denuncia.
La causa intentata contro i magistrati del Maryland è stata criticata da diversi democratici, tra cui il governatore dello stato, Wes Moore, che ha affermato: “Dopo aver palesemente violato gli ordini giudiziari e aver rivolto attacchi personali a singoli giudici, la Casa Bianca sta capovolgendo la nostra Costituzione facendo causa ai giudici. Questa azione senza precedenti è un palese tentativo di intimidire i magistrati e usurpare il potere delle corti”.
Quest’anno i giudici del Maryland si sono pronunciati su una serie di casi importanti, sospendendo diverse iniziative di Trump e riscontrando diverse violazioni della legge nella raffica di ordini esecutivi e nelle azioni da parte dell’amministrazione in materia di immigrazione, licenziamenti di dipendenti federali ed interruzione dell’assistenza medica per i giovani transgender.
13 dei 15 giudici federali in carica nel Maryland sono stati nominati dai presidenti Bill Clinton, Barack Obama o Joe Biden, tutti democratici. Gli altri due, invece, sono stati nominati da repubblicani, uno da Trump e l’altro da George W. Bush.
“Il presidente e il suo procuratore generale continueranno il loro spietato attacco alla magistratura federale e allo Stato di Diritto finché la Corte Suprema degli Stati Uniti non tenterà almeno di fermarli, perché stanno vincendo la loro guerra”, ha affermato il giudice federale in pensione J. Michael Luttig, che ha prestato servizio presso la Corte d’appello degli Stati Uniti per il 4° circuito dal 1991 al 2006, “È un atto sconsiderato e irresponsabile, nonché l’ennesimo attacco frontale diretto alle corti federali di questo Paese”.