Il presidente Donald Trump ha confermato mercoledì che gli Stati Uniti e l’Iran terranno colloqui “la prossima settimana”, ma ha contemporaneamente ridimensionato le aspettative su un eventuale esito diplomatico. “Non mi interessa se ho un accordo o meno”, ha detto, parlando con i giornalisti alla conferenza stampa conclusiva del vertice NATO a L’Aia. “L’unica cosa che chiediamo e vogliamo è che non ci sia il nucleare in Iran”.
Mentre il cessate il fuoco tra Israele e Iran regge da 48 ore, Trump ha mostrato scetticismo sulla necessità di tornare a negoziare. Il formato del futuro dialogo non è stato chiarito, ma il segretario di Stato Marco Rubio ha confermato che gli Stati Uniti stanno puntando a colloqui diretti con Teheran.
L’annuncio arriva mentre l’amministrazione continua a respingere con forza un rapporto preliminare dell’intelligence del Pentagono che suggeriva che i bombardamenti statunitensi sui siti nucleari iraniani abbiano ritardato il programma atomico solo di pochi mesi. Trump ha ribadito che l’Iran “è stato colpito duramente” e che il programma è stato “annientato”.
Rubio, accanto al presidente, ha offerto la difesa più articolata finora della narrativa ufficiale: secondo il segretario di Stato, la distruzione di un impianto di conversione a Isfahan ha compromesso la capacità dell’Iran di proseguire verso la costruzione di una bomba atomica. “Non si può costruire un’arma nucleare senza un impianto di conversione”, ha dichiarato.
Israele ha fatto eco, affermando che l’attacco al sito fortificato di Fordow ha “distrutto l’infrastruttura critica” e reso l’impianto inutilizzabile. Tutto il cerchio ristretto dei collaboratori del presidente respinge il rapporto di intelligence trapelato secondo cui gli attacchi dei bombardieri B-2 contro gli impianti nucleari iraniani avrebbero solo danneggiato le strutture, rallentato le ambizioni nucleari di Teheran di pochi mesi, ma non li avrebbero distrutti.
A questo proposito il Segretario alla Difesa Hegseth, intervenendo mercoledì al vertice NATO, ha affermato che l’FBI ha avviato un’indagine sulle modalità con cui la valutazione preliminare fatta dagli analisti del Pentagono sia diventata pubblica. Trump, a sua volta, ha definito irrispettosi i rapporti che minimizzavano l’impatto dell’operazione: “È stato un successo incredibile”.
La Casa Bianca e i suoi alleati stanno quindi cercando di rafforzare la percezione di una vittoria strategica, nonostante le analisi più caute di alcune agenzie di intelligence e delle Nazioni Unite.

Nel frattempo, iraniani e israeliani hanno iniziato a tornare lentamente alla normalità. A Teheran, residenti che avevano abbandonato le case durante gli intensi bombardamenti israeliani sono rientrati nei quartieri colpiti. A 48 ore dalla tregua, però, la Repubblica Islamica ha impiccato tre uomini accusati di spionaggio a favore di Israele, portando a nove le esecuzioni dall’inizio dell’anno per accuse simili.
A Tel Aviv e Haifa, gli studenti sono tornati a scuola, mentre molte aziende hanno ripreso il lavoro in presenza dopo giorni di chiusure e restrizioni militari.
Ma la tregua resta fragile. Il parlamento iraniano dominato dai conservatori ha votato per sospendere la cooperazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) e vietare temporaneamente l’ingresso degli ispettori nel Paese. Anche se la misura richiede l’approvazione di un’autorità superiore per diventare effettiva, è un segnale di tensione crescente. Alcuni parlamentari iraniani hanno accusato l’AIEA di “passare informazioni a Israele”.
Il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, ha affermato che Israele “ha fallito nei suoi obiettivi sinistri”, denunciando l’attacco ai siti come una “provocazione orchestrata” e assicurando che “la resistenza iraniana non è stata piegata”.
La guerra lampo durata 12 giorni, la più grave mai combattuta direttamente tra Iran e Israele, è stata presentata dalla Casa Bianca come un successo militare e politico. “Abbiamo posto fine alla guerra”, aveva detto Trump nei giorni scorsi, paragonando l’impatto dell’operazione all’effetto simbolico delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
Eppure, molti dettagli restano oscuri: il tipo di armi usate, l’effettivo stato delle centrifughe, il numero di vittime civili. E soprattutto, resta da capire se davvero l’Iran sia disposto a rinunciare alla propria corsa all’atomica, o se, come temono a Washington e Gerusalemme, stia solo cercando di guadagnare tempo.
Per ora, le bombe tacciono, i negoziati si preparano e la propaganda di entrambe le parti è a pieno regime.