Negli Stati Uniti cresce silenziosamente un sistema di detenzione che batte ogni record. Senza troppo rumore l’Immigration and Customs Enforcemen, ICE, l’agenzia federale per l’immigrazione, ha raggiunto la cifra storica di 59000 migranti trattenuti, una realtà che illustra bene il quadro della politica migratoria dell’amministrazione repubblicana.
In base a dati interni ottenuti dalla divisione giornalistica della rete televisiva CBS News, l’ICE avrebbe superato il 140 per cento della capacità di carcerazione stabilita dal Congresso, che aveva stanziato risorse per 41500 posti letto, un divario colmato con strutture temporanee e soluzioni d’emergenza mentre ancora vengono intensificate le campagne di arresti su tutto il territorio nazionale.
Le statistiche rivelano che quasi la metà dei detenuti attualmente sotto custodia non ha precedenti penali e meno di un terzo è stato condannato per reati, indicando un allargamento dei criteri per la reclusione da parte dell’agenzia rispetto alle promesse iniziali del presidente, che aveva dichiarato di voler espellere solo criminali pericolosi.
Alcuni funzionari dell’amministrazione hanno ribadito che chiunque sia presente illegalmente sul suolo americano non può ritenersi al sicuro dalla deportazione, una posizione che ha spinto l’ICE a intensificare gli arresti fino a una media di 1200 al giorno, nel mese di giugno, con punte che in almeno due occasioni hanno superato i 2000, un ritmo quasi doppio rispetto a quello registrato all’inizio del primo mandato di Trump.
L’aumento dei carcerati è stato trainato principalmente da arresti nell’interno del Paese e non dai flussi al confine dove gli attraversamenti sono drasticamente diminuiti. Oltre il 70 per cento degli individui trattenuti è stato infatti arrestato lontano dalla frontiera. Le massicce operazioni hanno generando proteste diffuse come quelle avvenute a Los Angeles in seguito a rastrellamenti in luoghi di lavoro, proteste che hanno visto anche l’intervento della Guardia Nazionale.
In un contesto di crescente pressione l’ICE ha ampliato i controlli con il sostegno di agenzie come l’FBI la DEA e la Customs and Border Protection spesso prelevando soggetti direttamente da carceri locali nell’ambito di programmi già esistenti, senza alcun rispetto delle precedenti linee guida.
Il professore Austin Kocher, della Syracuse University, New York, ha espresso preoccupazione per le conseguenze di questa rapida escalation avvertendo che l’ICE potrebbe non essere in grado di rispettare nemmeno gli standard minimi previsti per la detenzione civile, né di garantire il giusto processo ai migranti, sottolineando come questi diritti sembrino più facoltativi che obblighi sanciti dalla legge.
Per sostenere l’ondata di arresti il governo ha anche valutato l’uso di basi militari come Fort Bliss in Texas e ha chiesto al Congresso fondi straordinari per aumentare la capacità detentiva fino a 100000 posti letto, alcune autorità locali come quelle della Florida, si sono dette disposte a costruire nuovi centri tra cui uno nelle Everglades, già ribattezzato Alligator Alcatraz, per la sua collocazione remota e l’ambiente ostile che lo circonda.