La Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato il via libera all’amministrazione Trump per riprendere le espulsioni dei migranti verso paesi terzi, ovvero nazioni diverse dai loro luoghi di origine, tra cui il temibile Sud Sudan.
Con 6 voti favorevoli e 3 contrari, i giudici hanno sospeso la decisione del giudice distrettuale statunitense Brian Murphy, il quale aveva stabilito che i tentativi del governo di deportare i migranti senza un giusto processo violavano “indiscutibilmente” le tutele costituzionali.
I tre giudici progressisti della corte – Sonia Sotomayor, Elena Kagan e Ketanji Brown Jackson, hanno criticato la decisione dei loro colleghi. Sotomayor, esprimendo il suo dissenso, ha affermato che i magistrati favorevoli stavano “premiando l’illegalità”, asserendo che l’amministrazione Trump ha “apertamente violato” precedenti ordini dei tribunali.
Il Dipartimento per la sicurezza interna ha invece affermato che la sentenza è stata “una vittoria per la sicurezza e l’incolumità del popolo americano”. “Accendiamo gli aerei per le deportazioni”, ha detto la portavoce dell’agenzia, Tricia McLaughlin.
Il caso è stato oggetto di crescente attenzione da parte delle associazioni per i diritti degli immigrati, dopo che queste hanno rivelato che un gruppo di migranti, inizialmente diretti in Sud Sudan, era stato trattenuto dagli Stati Uniti in una base militare a Gibuti e non era riuscito a contattare i propri avvocati. Gli otto migranti provenivano da Myanmar, Sud Sudan, Cuba, Messico, Laos e Vietnam.
L’amministrazione Trump ha affermato che questi ultimi avevano commesso “crimini efferati” negli Stati Uniti, tra cui omicidio, incendio doloso e rapina a mano armata. Tuttavia, gli avvocati dei migranti hanno dichiarato in un documento presentato alla Corte Suprema che molti dei detenuti non avevano condanne penali alle spalle.
“Questi individui sono bloccati senza contatti a Gibuti, un paese di cui non hanno alcuna conoscenza, e sono in viaggio verso un altro paese, il Sud Sudan, dove nessuno ha mai messo piede”, hanno detto alla corte la National Immigration Litigation Alliance e altri gruppi.
Le organizzazioni umanitarie descrivono la situazione in Sud Sudan come drammatica. Le Nazioni Unite hanno recentemente lanciato l’allarme sull’insicurezza alimentare nel Paese, che sta anche affrontando instabilità politica e un’escalation di violenza.
L’amministrazione Trump, da canto suo, ha affermato che, nei casi in cui riceverà “garanzie” da un governo straniero sul fatto che un migrante espulso non verrà torturato, non sarà tenuta a notificare a un migrante il luogo in cui sarà deportato. Nei casi in cui il governo non abbia ricevuto tali garanzie, le politiche del DHS richiedono che il migrante venga informato in modo che possa presentare una denuncia per timore di tortura.
In una nuova ordinanza di lunedì sera, Murphy ha affermato che la sua direttiva del 21 maggio rimaneva “pienamente valida ed efficace” nonostante la decisione della Corte Suprema. Tale ordinanza imponeva al governo di concedere ai migranti in questione “un colloquio in privato, con la possibilità per l’individuo di avere un avvocato di sua scelta presente durante il colloquio”.