A sorpresa, lunedì sera il presidente Donald Trump ha annunciato la fine della “guerra dei 12 giorni” tra Iran e Israele.
In un lungo post su Truth Social, ha dichiarato che le due potenze regionali hanno concordato un cessate il fuoco completo, destinato – nelle sue intenzioni – a entrare in vigore nelle successive 24 ore.
“È stato pienamente concordato che ci sarà un cessate il fuoco completo e totale – ha scritto –. Durante ogni fase, l’altra parte manterrà un atteggiamento pacifico e rispettoso. Il mondo saluterà la fine ufficiale della guerra dei 12 giorni.” Nessuna conferma è arrivata da Teheran o Gerusalemme, ma alla Casa Bianca è subito scattata la celebrazione.
Il vicepresidente J.D. Vance, intervistato in diretta da Fox News pochi minuti dopo l’annuncio, ha affermato: “È merito del presidente. Ci stava lavorando al telefono anche mentre uscivo dalla Situation Room. È riuscito a portarlo al traguardo”. Vance ha inoltre ribadito che “l’Iran non ha più la capacità tecnica di costruire un’arma nucleare, perché l’abbiamo distrutta noi”.
L’annuncio del cessate il fuoco arriva al culmine di dodici giorni di altissima tensione in Medio Oriente. Tutto è iniziato con l’attacco americano agli impianti nucleari di Fordow, Natanz e Isfahan, in risposta a rapporti dell’AIEA e della CIA sul possibile rilancio del programma atomico iraniano.
L’operazione, nome in codice “Midnight Hammer”, è stata ordinata personalmente da Trump, in pieno stile operativo: i bombardieri B-2 erano già in volo quando il presidente dichiarava pubblicamente che avrebbe “deciso entro due settimane”. Il blitz è stato definito dalla Casa Bianca “un successo storico”.
La risposta di Teheran è arrivata 48 ore dopo: una raffica di missili lanciata verso la base americana di Al-Udeid, in Qatar, sede del Comando Centrale USA per il Medio Oriente. Nessuna vittima, grazie all’intervento del sistema difensivo. Trump ha definito l’attacco “molto debole”.
Il presidente aveva sondato la possibilità di un dialogo a Istanbul durante il G7 canadese, proponendo un incontro riservato con funzionari iraniani. Ma con la Guida Suprema Ali Khamenei nascosta per motivi di sicurezza e con Israele già impegnato in una campagna aerea autonoma contro obiettivi dei Pasdaran, ogni ipotesi diplomatica è sfumata.
Il consigliere speciale Steve Witkoff ha tentato un canale di comunicazione di emergenza, inviando un messaggio al ministro iraniano Araghchi: “Colpi chirurgici solo contro il nucleare. Washington resta aperta al dialogo”. Ma l’apertura è stata travolta da nuove tensioni.
Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, ha minacciato che “alcuni Paesi potrebbero fornire armi nucleari all’Iran”. La reazione di Trump è stata furibonda: “Ha davvero usato la parola con la N? Voglio saperlo IMMEDIATAMENTE. Non si scherza”.
Sullo sfondo, il presidente ha rilanciato la sua visione ideologica con uno slogan: “Se il regime iraniano non riesce a rendere grande l’Iran, perché non dovrebbe essere sostituito??? MIGA!!!” – Make Iran Great Again – ha scritto su Truth Social, provocando reazioni internazionali e divisioni interne.
Le bombe israeliane sul carcere di Evin e sui quartieri generali delle forze iraniane hanno ulteriormente complicato la situazione, colpendo per la prima volta non solo le infrastrutture nucleari ma l’intera struttura del potere di Teheran.
Nel frattempo, l’Iran ha evitato di chiudere lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale transita il 20% del petrolio mondiale. Una mossa che ha tranquillizzato i mercati: i prezzi del greggio sono crollati, facendo scendere il costo del carburante negli Stati Uniti, che rischiava di superare i 4 dollari al gallone.
Se l’annuncio di Trump sarà confermato da azioni concrete, il conflitto potrebbe davvero essersi concluso. Ma analisti e diplomatici restano cauti: la “guerra dei 12 giorni” ha mostrato quanto rapidamente l’equilibrio nel Golfo possa degenerare.
Dopo i raid e le rappresaglie, il mondo aspetta. E si chiede se la prossima crisi verrà evitata da un tweet… o innescata da una bomba sporca.