Nelle ultime ore, lungo diverse strade di Los Angeles sono comparsi manifesti con le foto delle numerose persone sparite in seguito ai raid degli agenti dell’immigrazione. I poster riportano sulla parte superiore delle scritte in rosso come “madre scomparsa” o “Figlio scomparso”, mentre in basso una didascalia in nero che recita “Rapito/a dall’ICE”.
Alcuni dei volti sui manifesti sono familiari a chiunque abbia seguito le vicende. Tra le persone ritratte, ad esempio, vi è Kilmar Ábrego García, l’uomo del Maryland che è stato deportato a El Salvador a marzo senza un’udienza, in quello che l’amministrazione Trump ha ammesso essere stato un errore. “Non ha ricevuto protezioni costituzionali. Attualmente è trattenuto in stato di detenzione”, si legge sul foglio.
Anche Gladis Yolanda Chávez Pineda, una donna di Chicago, era presente sui poster. Era arrivata negli Stati Uniti in cerca di una vita migliore per sua figlia e stava presentando domanda di asilo. “Ha vissuto negli Stati Uniti per 10 anni”, c’è scritto sul suo manifesto. “Nessun precedente penale”.
I manifesti si sono rivelati particolarmente efficaci. Attaccati con nastro adesivo tra annunci di vario genere, ricordavano ai passanti la storia di queste persone, la cui vita è stata rovinata dalla repressione promossa dall’amministrazione federale. I poster sono stati realizzati da due giovani del posto, Ben e Sebastien, di 28 e 31 anni.
“Volevo solo riformulare l’idea degli immigrati come criminali e mettere in prospettiva il fatto che sono persone: questa è la nonna di qualcuno, questo è il padre di qualcuno, questo è il figlio di qualcuno”, ha spiegato il primo, “la gente ha iniziato a scattare foto ai manifesti, e c’è stato un momento in cui una donna anziana li ha guardati e ha iniziato davvero a piangere. In quell’istante ho pensato: ‘OK, questo sì che è un modo per entrare in contatto con le persone’”.
“Mi sono trasferito qui dalla Colombia 14 anni fa”, ha invece dichiarato Sebastien, “fin dalla prima amministrazione Trump, ho visto la mia comunità essere attaccata. Quindi, non appena ho visto i manifesti che il mio amico stava facendo, ho sentito dentro di me il bisogno di uscire e dare una mano”.
In alcuni casi, i poster erano accompagnati da alcune scritte che giocavano con l’acronimo di ICE, che da Immigration and Customs Enforcement è stata ribattezzata come Illegal Country-wide Embarassment o Induce Community Extinction. Altri volantini, invece, pubblicizzavano le proteste dei “No Kings”, mentre altri ancora riportavano lo slogan “Mani senza documenti ti nutrono”, con l’illustrazione di una persona che lavora in un campo.
I poster sono stati solo l’ultima forma di protesta che ha interessato Los Angeles. Nei giorni scorsi, migliaia di persone sono scese in strada, manifestando contro i raid anti immigrazione promossi dall’amministrazione Trump. Per sedare le rivolte, il presidente ha deciso di schierare in città la guardia nazionale e centinaia di marines.