La decisione di chiudere il servizio dedicato alla salute mentale dei giovani LGBTQ+ ha sollevato un’ondata di polemiche. La Substance Abuse and Mental Health Services Administration (SAMHSA), l’agenzia federale statunitense che fa parte del Dipartimento sanitario, ha annunciato che dal 17 luglio la 988 Suicide & Crisis Lifeline, non includerà più l’opzione 3, ovvero la sezione dedicata esclusivamente a supportare i queer in situazioni di crisi.
Secondo quanto comunicato dalla SAMHSA, la hotline si concentrerà ora su un “servizio universale” rivolto a tutte le persone in difficoltà, specificando che chi chiamerà il 988 continuerà a ricevere supporto da “consulenti qualificati, premurosi e culturalmente competenti”, indipendentemente dall’identità di genere o orientamento sessuale. Non sono però stati forniti chiarimenti ufficiali sul destino dello staff specializzato finora impiegato nell’apposita area.
L’iniziativa, che arriva proprio nel mese del Pride, ha suscitato forti reazioni nel mondo politico e nelle associazioni per i diritti civili. Jaymes Black, CEO dell’ un’organizzazione non profit statunitense The Trevor Project, ha definito la chiusura “una perdita devastante per oltre 1,3 milioni di giovani appartenenti alla comunità arcobaleno che hanno beneficiato del servizio”. In una nota, ha aggiunto che “la prevenzione del suicidio dovrebbe essere guidata dalle necessità umane, non da logiche politiche”.
Critiche pesanti anche da parte della senatrice democratica del Wisconsin Tammy Baldwin, che ha definito la mossa “crudele e inutile” e ha accusato l’amministrazione Trump di voler “compiere un passo indietro proprio durante il momento che dovrebbe celebrare i progressi nella lotta per l’uguaglianza”. Baldwin ha inoltre evidenziato l’esclusione della lettera “T” (che rappresenta le persone transgender) dall’acronimo LGBTQ+ nel comunicato ufficiale della SAMHSA, giudicandolo “un atto simbolicamente offensivo”.
Lanciato nel 2022, il servizio 988 aveva fatto registrare un incremento del 40% nelle chiamate subito dopo l’attivazione, confermandosi una risorsa fondamentale per chi affronta emergenze legate alla salute mentale. In questo contesto, l’opzione 3 ha rappresentato per molti giovani LGBTQ+ un vero e proprio punto di riferimento, offrendo ascolto e supporto mirati in un panorama dove i tassi di suicidio, isolamento e disagio psicologico sono ben più elevati della media nazionale. Ora, mentre si moltiplicano gli appelli affinché Congresso e opinione pubblica vigilino sull’impatto reale di questa decisione, ufficialmente motivata da intenti “inclusivi”, cresce il timore che a pagarne il prezzo siano proprio le persone più fragili, rese di nuovo invisibili.