Le macchine sono state spente, Adriana Smith non c’è più. La giovane mantenuta in vita contro il volere della famiglia, nonostante fosse cerebralmente morta, perché incinta, nonostante fosse cerebralmente morta, ha “partorito” con cesareo un bimbo il 13 giugno, ed è stata staccata dal supporto vitale martedì 17. Il piccolo Chance è in ospedale, la famiglia prega per lui, questa terribile storia avviene ad Atlanta, in Georgia, uno degli Stati con le leggi più restrittive in materia di aborto e gestione delle gravidanze.
“Oggi, Adriana Smith è stata staccata dalle macchine. Mi unisco alla sua famiglia nel lutto” ha detto la deputata del Massachussets Ayanna Pressley su Instagram. “La perdita dell’adorata madre e figlia. E la perdita della libertà di prendere decisioni mediche fondamentali. Prego per la forza per il piccolo Chance e tutti i cari di Adriana”.
Adriana Smith era incinta di due mesi al momento della morte cerebrale, una condizione non reversibile e dopo la quale viene normalmente dichiarato il decesso.
Trent’anni, infermiera ad Atlanta, afroamericana, un figlio di sette anni, Adriana il 9 febbraio si era presentata in ospedale con forti mal di testa: secondo la famiglia avrebbe ricevuto solo degli antidolorifici, ma non sarebbe stata sottoposta a nessun esame. Il 19 febbraio è stata ricoverata d’urgenza all’Emory University Hospital, dove una TAC ha mostrato la presenza di coaguli di sangue nel cervello. Il giorno stesso è stata dichiarata cerebralmente morta. Era incinta di due mesi.
Chance è nato tramite taglio cesareo d’urgenza il 13 giugno, ha dichiarato la madre di Smith, April Newkirk, all’emittente locale 11Alive, che per prima ha raccontato la vicenda. Si trova nel reparto di terapia intensiva neonatale e pesa appena 830 grammi, ma “dicono che starà bene”, ha detto Newkirk. “Sta lottando. Vogliamo solo preghiere per lui. Continuate a pregare per lui.Adesso è qui..”
Newkirk all’epoca del ricoverò spiegò che i medici obbligavano Adriana a restare attaccata alle macchine per la ventilazione. Avevano detto alla famiglia che, in base alla legge della Georgia che vieta l’aborto dopo sei settimane, doveva essere mantenuta in vita artificialmente per preservare la gravidanza. Il divieto di aborto include disposizioni che rafforzano il concetto di “personalità giuridica del feto”, una dottrina secondo cui embrioni e feti devono godere di pieni diritti e tutele legali. Ovviamente, in certi casi questo significa dare priorità ai diritti del feto rispetto a quelli della persona che lo porta in grembo.
“Non abbiamo avuto voce in capitolo”, aveva dichiarato Newkirk prima della nascita di Chance. “Vogliamo il bambino. È parte di mia figlia. Ma la decisione sarebbe dovuta spettare a noi, non allo Stato.”
L’ospedale si è rifiutato di commentare il caso, citando le normative sulla privacy. In una dichiarazione all’Associated Press, l’ospedale ha affermato di “fare affidamento sul parere degli esperti clinici, sulla letteratura medica e sulle linee guida legali per supportare i propri operatori sanitari nel formulare raccomandazioni personalizzate in conformità con la legge della Georgia sull’aborto e con tutte le altre leggi vigenti. Le nostre massime priorità restano la sicurezza e il benessere dei pazienti che assistiamo.”
Tuttavia, l’ufficio del procuratore generale della Georgia, Chris Carr, ha pubblicato una nota sostenendo che la legge dello Stato non obbliga i professionisti sanitari a mantenere in vita le donne dichiarate cerebralmente morte. “Rimuovere il supporto vitale non è un’azione finalizzata alla terminazione di una gravidanza”, ha dichiarato la sua portavoce Kara Murray.
Newkirk ha detto a 11Alive che, se potesse parlare ancora una volta con sua figlia, le direbbe che è stata una brava figlia. “Sono sua madre”, ha detto Newkirk. “Non dovrei essere io a seppellire mia figlia. Dovrebbe essere mia figlia a seppellire me.”
Il caso ha evidenziato limiti e problemi etici dell’applicazione della legge della Georgia, entrata in vigore nel 2022, quando la Corte Suprema degli Stati Uniti annullò la storica sentenza Roe vs Wade che da cinquant’anni garantiva il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza a livello federale in tutti gli Stati Uniti, rimandando ai singoli Stati la decisione di legiferare in materia.